Poco meno di dieci chilometri, quattro vite spezzate in quattro mesi e mezzo, nove feriti, innumerevoli famiglie e comunità colpite da terribili lutti e strascichi. È il pesantissimo bilancio del tratto della Statale 650 Trignina che va dallo svincolo di Fresagrandinaria a quello di San Salvo lungo circa 9 chilometri e mezzo.
Quello di ieri è uno dei più gravi incidenti degli ultimi anni: Amalia Meo di soli 11 mesi di Fresagrandinaria e Alessio Amicone, ristoratore di 42 anni di Schiavi di Abruzzo, sono le vittime del terribile frontale avvenuto in territorio di Cupello poco prima delle 13, feriti in modo serio gli altri componenti della famiglia della piccola: il papà 41enne trasportato in eliambulanza all’ospedale di Chieti, ha numerosi traumi, la mamma di 35 anni – che era alla guida dell’Audi – al “San Pio” di Vasto dove inizialmente era stato portato anche il fratellino di 4 anni, poi trasferito in elicottero a Pescara. Sui corpi delle vittime è stata disposta l’autopsia.
Una scia inarrestabile
Il 9 giugno era stato Stefano Colaneri, 30enne di Frosolone, a perdere la vita in territorio di Lentella in uno schianto tra due auto e un furgone; tre i feriti, di cui uno soccorso in elicottero e portato a Pescara (nello stesso punto nell’aprile del 2021 altri tre giovani sono rimasti feriti in modo permanente). Il 30 agosto, in uno scontro tra un camion e tre auto in territorio di Fresagrandinaria muore Mario Ricci, 82enne di Montemitro, altre tre persone restano ferite, uno è trasportato in eliambulanza all’ospedale del capoluogo adriatico.
Una strada costellata di croci, fiori e segni di precedenti incidenti. Basti pensare che a pochi metri di distanza dal luogo dell’incidente di ieri ci sono il nuovo guardrail installato solo da alcuni giorni dopo l’uscita di strada di un camion (risoltosi fortunatamente con un ferito lieve) e un mazzo di fiori a ricordo di un’altra vittima di diversi anni fa (il 58enne Carlo Matera, residente a Trivento e morto in un incidente in moto nell’agosto del 2012). Andando a ritroso emergono altri nomi e volti di persone la cui vita si è interrotta nello stesso tratto: l’isernina Barbara De Crescente, 37 anni, deceduta all’alba del 9 marzo 2014 nell’impatto dell’auto sulla quale viaggiava con le amiche contro lo svincolo di San Salvo; Giovanni Caporaso, 44enne di Montenero di Bisaccia, coinvolto in un incidente il 23 giugno 2016 a poca distanza dallo svincolo di San Salvo, in territorio di Cupello, e Leonardo Mario Terzano, 71enne, di Portocannone deceduto a qualche metro dal ponte sul fiume Treste il 7 luglio 2016 in uno scontro frontale.
Un drammatico elenco che si allungherebbe ulteriormente prendendo in considerazione il tratto più interno, dove, ad esempio, in tempi recenti, hanno perso la vita l’indimenticata attrice di Agnone Paola Cerimele (il 25 agosto dell’anno scorso in territorio di San Giovanni Lipioni) e la 30enne di Tufillo Ilaria Mastroberardino (il 28 novembre 2018 in territorio di Dogliola, altro tratto tristemente noto). E in questa lista, non esaustiva, non compaiono le decine di feriti di incidenti fortunatamente senza esiti fatali e due investimenti mortali.
Annunci e chiacchiere da decenni
Se non si può sottacere il ruolo primario giocato da velocità e mancato rispetto del codice della strada (quotidianamente si assiste a manovre azzardate), lo stesso non si può fare con la necessità di rivedere almeno un tratto di questa importante arteria.
Negli ultimi anni tale strada che oltre a dividere Abruzzo e Molise è usata per raggiungere Lazio e Campania ha conosciuto un progressivo aumento di traffico. Oggi, in media, 12mila veicoli la percorrono quotidianamente, un dato fornito dall’Anas in occasione dell’interrogazione parlamentare dei senatori Etel Sigismondi e Costanzo Della Porta. Troppo? Un dato nella norma? Chi la usa quotidianamente per andare al lavoro o accedere ai servizi presenti sulla costa, al di là dei numeri ufficiali, sa bene di quanto siano lievitati i tempi di percorrenza soprattutto nei giorni feriali con lunghe colonne di tir che la usano come scambio tra A1 e A14 (oltre a dover raggiungere le industrie della zona).
L’impressione è che questa infrastruttura di primaria importanza non segua lo stesso potenziamento che sta avendo la costa: gli scali portuali di valenza nazionale di Vasto e Termoli, la zona industriale di San Salvo, non ultimo l’insediamento, di un anno fa, di Amazon, fatti che pongono questo territorio al centro degli scambi commerciali.
Il raddoppio del tratto San Salvo-Trivento è una filastrocca che torna periodicamente d’attualità da decenni. Nell’incontro di aprile a Roma tra sindaci e amministratori abruzzesi e molisani – seguito agli appuntamenti tra enti in prefettura e a San Salvo – con il ministro Matteo Salvini (da alcuni definito appuntamento elettorale in vista delle allora imminenti Regionali molisane) è stata citata la possibilità inserire tale intervento nella programmazione dei prossimi anni dell’Anas. Da allora di nuovo c’è stata solo l’interrogazione parlamentare, esauritasi in una manciata di minuti. Lo stesso Sigismondi nell’incontro sansalvese del 14 novembre 2022 disse che di un simile progetto non esiste neanche un’analisi di massima dei costi. Nell’occasione fu annunciata anche la nascita di un comitato inter-istituzionale.
Per il deputato Luciano D’Alfonso un raddoppio sarebbe inutile e richiederebbe 20 anni di lavori, «Meglio interventi di medicazione», disse riferendosi a lavori di messa in sicurezza dei tratti più a rischio. A proposito di questi interventi, i rappresentanti dell’Anas davanti all’ex prefetto di Chieti Armando Forgione, si dissero disponibili ad alcuni lavori come ad esempio le barriere anti fauna selvatica (gli attraversamenti di animali nel corso degli anni ha causato numerosi feriti), ma anche tale ipotesi sembra tramontata. L’ultima miglioria è l’illuminazione notturna degli svincoli.
E la velocità? Premesso il necessario senso di responsabilità del singolo che si mette al volante di un’auto, nei capannelli che periodicamente si formano davanti alle nuove tragedie, si cita puntualmente la necessità di ricorrere a strumenti di deterrenza come il controllo tramite autovelox. Tale concetto è tornato anche nella recente analisi del nuovo prefetto Mario Della Cioppa che nel giugno scorso scriveva che, considerata la velocità quale causa principale degli incidenti, si richiedeva «un’intensificazione dei controlli, anche tramite l’utilizzo di autovelox o sistema tutor».
Bene – a parte la mancata «intensificazione» citata dal prefetto – non è difficile ricordare le proteste in passato contro tali controlli che portarono anche alla nascita di comitati; proteste che si rinfocolano a ogni nuova notizia riguardante l’installazione di strumenti per la rilevazione della velocità.
«Trignina Maledetta», le strazianti urla dei parenti delle vittime accorsi ieri sul luogo dell’incidente: non si possono ancora ignorare tali grida di dolore.
Proteste contro il controllo della velocita’………. e allora?