«I papà devono imparare ad ascoltare i bisogni dei propri figli»

È papà di quattro figli maschi, Enrico, Gabriele, Giacomo e Pietro, e insieme all’esperienza da genitore, Riccardo Alessandrelli, 47 anni, ha dalla sua quella da neuropsichiatra infantile, da poco responsabile dell’Unità Operativa della Asl Lanciano Vasto Chieti.

«Credo che un papà, e un genitore in generale, debba essere un bravo osservatore discreto ed essere in grado di aiutare silenziosamente il proprio figlio a sviluppare al meglio tutte le sue attitudini naturali – afferma Alessandrelli -. Ogni individuo, dalla nascita, ha già delle sue predisposizioni innate e il ruolo dei genitori è proprio quello di riuscire a farle emergere al meglio senza mai sostituirsi a loro».

Il dottor Riccardo Alessandrelli

E se la mamma è più propensa all’ascolto e a curare la sfera del linguaggio, il papà ha un ruolo più «esperienziale». «La differenza tra madre e padre è perlopiù culturale e insita nella nostra società ma le caratteristiche maschili e femminili sono un fatto e il papà è da sempre quello più concreto – spiega il neuropsichiatra -, quello con cui condividere esperienze e interessi, ma la nuova veste dei papà moderni, più emotiva, è comunque da preferire».

Si potrebbe pensare che essere papà di quattro figli possa essere un plus per chi fa un lavoro come il suo, ma la verità è che spesso sfera lavorativa e familiare non sempre coincidono. «In casa, farà sorridere sentirlo, ma molto spesso è mia moglie a cogliere le sfumature che invece, a lavoro, studio io – dice ancora Alessandrelli -. Nel giorno della festa del papà non sarà forse il meglio che si possa dire ma le mamme non sbagliano mai». I papà, ancora oggi, sono quelli che di fronte alle difficoltà di un figlio, a volte, si bloccano e vivono il cosiddetto effetto freezing, cioè, letteralmente, si congelano. «Anche in studio, con i bambini che mi capita di vedere per lavoro, noto come le mamme siano sempre più accoglienti e pronte al dialogo – racconta -, mentre i papà restano più rigidi, forse bloccati da un’incapacità di agire e reagire».

Cosa può fare dunque un papà per approcciarsi al meglio con il proprio figlio? «Che ci siano problemi comportamentali o meno – spiega -, la cosa più importante è avere un approccio empatico, di comprensione e mai di giudizio. Capire quali siano i reali bisogni di un bambino è la strada per vederlo sano e sereno. L’analisi, dopotutto, richiede sempre l’ascolto».

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