Stellantis e indotto, la Fiom replica a Magnacca: «Servono fatti, non generiche dichiarazioni»

Non tardano le reazioni alle ultime dichiarazioni dell’assessora regionale alle Attività produttive, Tiziana Magnacca, che ha incontrato a Roma alcuni dirigenti del gruppo Stellantis per discutere delle aziende dell’indotto.

«Appare evidente che l’assessore abbia trascurato l’importanza di un confronto preventivo con le organizzazioni sindacali dei metalmeccanici (Fim, Fiom e Uilm) che da anni seguono da vicino le dinamiche produttive dello stabilimento Stellantis di Atessa e dell’intero ecosistema industriale abruzzese», dice Alfredo Fegatelli della Fiom Cgil di Chieti.

«Se l’assessore avesse avuto la pazienza e la volontà di incontrarci prima del confronto con Stellantis, avrebbe potuto rappresentare con maggiore forza e consapevolezza un problema centrale: il processo di internalizzazione delle attività avviato dalla ex Sevel che sta riportando dentro l’azienda attività storicamente assegnate all’indotto. Questa scelta sta causando un evidente spostamento delle difficoltà produttive proprio sulle imprese fornitrici, molte delle quali già in sofferenza. Operazione che continua a creare problemi alle lavoratrici e ai lavoratori costretti alla cassa integrazione».

Alfredo Fegatelli

«Serve un cambio di passo. Non bastano generiche dichiarazioni d’intenti sulla competitività: è urgente avviare un percorso che metta al centro strumenti concreti per sostenere la diversificazione della produzione e dei clienti delle aziende dell’indotto, molte delle quali, per sopravvivere, stanno già delocalizzando o affidando parte della produzione a stabilimenti extraeuropei, come ad esempio all’India. La salvaguardia dell’indotto non può essere lasciata unicamente alle logiche di mercato. È fondamentale contrastare con determinazione i processi di delocalizzazione: non sono ammissibili giustificazioni. Occorrono vere politiche industriali, costruite insieme a chi ogni giorno vive e affronta le sfide del settore, con una profonda conoscenza delle condizioni in cui operano migliaia di lavoratrici e lavoratori metalmeccanici».

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