Il Civeta e il caso dei sindaci che hanno approvato la trasformazione «a loro insaputa»

La gestione dell’affaire Civeta rischia di sfociare in altri ricorsi. Dopo l’accoglimento del Tar di Pescara della richiesta di sospensiva della trasformazione in società e di tutti gli atti correlati potrebbe scoppiare un nuovo caso sull’iter che ha portato all’approvazione dello statuto il 15 dicembre 2022.
Su quelle carte c’è infatti anche la firma di Arturo Scopino, commissario liquidatore delle comunità montane “Medio Vastese” e “Alto Vastese” che complessivamente raggruppano 24 Comuni e 16 quote. L’accusa mossa dai sindaci è di aver avallato la trasformazione senza alcuna consultazione. Dei 24 – esclusi Cupello, Monteodorisio e Scerni già coinvolti perché tra i soci fondatori – nessun sindaco era al corrente della firma in rappresentanza delle comunità montane di cui fanno parte; la scoperta sarebbe avvenuta lo stesso giorno della trasformazione dopo la diffusione di foto e comunicati da parte degli uffici stampa.

Le quote di partecipazione al capitale sociale del Civeta sono così ripartite:

Questi invece i Comuni rappresentati nelle due comunità montane in liquidazione:
Medio Vastese: Carpineto Sinello, Casalanguida, Cupello, Dogliola, Fresagrandinaria, Furci, Gissi, Guilmi, Lentella, Liscia, Monteodorisio, Palmoli, Roccaspinalveti, San Buono, Scerni, Tufillo.
Alto Vastese: Carunchio, Castelguidone, Castiglione Messer Marino, Celenza sul Trigno, Fraine, San Giovanni Lipioni, Schiavi di Abruzzo, Torrebruna.

Il giorno della firma

I sindaci che hanno firmato (Vasto, Cupello, San Salvo e Scerni) e quelli che hanno disertato la seduta per poi presentare il ricorso al Tar (Casalbordino, Monteodorisio, Pollutri e Villalfonsina) hanno ricevuto il mandato dai rispettivi consigli comunali, per tutti gli altri non c’è stata neanche una comunicazione informale sull’iter in atto e sulla necessità di approvare lo statuto. 

«VALUTIAMO IL RICORSO» – Tra gli scontenti c’è Carlo Racciatti, primo cittadino di Guilmi, che, in linea con altri colleghi amministratori, attacca: «Ci siamo ritrovati tra coloro che hanno approvato la trasformazione a nostra insaputa perché nessuno ci ha chiamati. Prima o poi le comunità montane chiuderanno e ci ritroveremo dentro senza conoscere entrate, uscite, spese e non è escluso che ci siano ripercussioni sui bilanci comunali. Non era più opportuno ridare le quote ai Comuni che con i propri consigli comunali avrebbero deciso se approvare o meno la trasformazione? Perché non è stata convocata un’assemblea per decidere il da farsi? Valutiamo seriamente di presentare anche noi un ricorso».

Scopino, Menna, De Nicolis, Di Florio e Carlucci

«DEVO SALVAGUARDARE L’ENTE» – Per Scopino il coinvolgimento non era necessario: «La consultazione dei Comuni non era un passaggio obbligatorio. Le comunità montane sono in liquidazione e io ho il dovere di salvaguardare gli interessi dell’ente, cioè, in quel caso, trasformare la società per arricchirla prima e successivamente arrivare alla fase liquidatoria per vendere le quote che avranno un valore maggiore. L’obiettivo quindi è salvaguardare la società, aumentare il capitale sociale in modo che quando sarà in liquidazione avrà un valore maggiore e rappresenterà un’entrata maggiore per la Regione e la comunità montana». Per quanto riguarda l’attuale vicenda al Tar (riguardo alla quale Scopino si è costituito parte civile in qualità di commissario): «Mi auguro che si arrivi alle migliorie tutti insieme perché bisogna fare gli interessi della società e mettere a frutto gli importanti investimenti dal Pnrr».

Mentre altre ombre sembrano allungarsi sul Civeta, le prossime tappe della vicenda saranno gli incontri fissati oggi e domani per trovare, eventualmente, un accordo sullo Statuto prima della discussione nel merito in programma il 26 maggio al Tar.

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