Ventiquattro anni dalla scomparsa di Benito Lanci, «è stato un faro di modernità»

«Eravamo in classe alla prima ora con la professoressa di latino. Entrò come un tuono la notizia della sua morte. Il preside ci aveva lasciato». Era l’11 gennaio 1999 e questo è il ricordo di Alessandro Bianco, uno degli studenti dell’istituto “De Titta”, alla morte di Benito Lanci. Linguista, classicista, uomo colto, ma soprattutto educatore, di quelli che lasciano il segno, Benito Lanci è stato autentico protagonista della vita scolastica, socio-educativa e culturale della città di Lanciano tra gli anni ’70, fino a quell’11 gennaio 1999.

«La mattinata scorreva strana in quella scuola. Non si fecero lezioni, perché in tutti prevalse il dolore della perdita e dello stordimento – ricorda Alessandro -. Non riuscivamo a metabolizzare una notizia così difficile, perché erano troppo importanti per ognuno di noi la persona e gli insegnamenti del preside Lanci». Nei giorni seguenti padre Lorenzo, scomparso poche settimane fa, celebrò una messa nel giardino della scuola, la sua scuola. Un’omelia sincera ed emozionante quella di padre Lorenzo, fatta di aneddoti e ricordi. Al funerale, celebrato nella chiesa di Sant’Antonio, partecipò un’intera città e il suo feretro venne accompagnato in chiesa proprio dai suoi alunni, quegli alunni a cui dedicò la vita.

Benito Lanci nel disegno di Domenico Policella

Tutti ricordano quel preside che ogni mattina, nell’atrio, aspettava che i ragazzi entrassero per salutarli uno ad uno. Tutti ricordano il suo ufficio di presidenza, inondato di musica classica, sempre con le porte aperte, pronto ad accogliere tutti, proprio come volle la sua scuola: aperta e protesa al futuro.

«Benito Lanci è stato un faro di modernità per intere generazioni – ricorda Clara Labrozzi, sua allieva -. Ha di fatto portato il liceo linguistico a Lanciano e nel 1993 è stato il primo a mettere un giornale online, ed è da lì che ho iniziato il mio percorso». Decise di inserire a scuola un corso di lingua russa e alcuni giorni dopo la sua morte, sulla sua scrivania, trovarono dei testi in arabo, ennesima lingua straniera che aveva deciso di imparare da autodidatta. «È stato un uomo dalla umanità sconfinata. Se a scuola c’erano delle ragazze incinte – ricorda Clara – , lui le accoglieva, le abbracciava e dopo il parto le chiamava invitandole a tornare tra i banchi. Lo ricordo come un uomo modernissimo, vicino alle peculiarità dei ragazzi, con l’idea di realizzare una scuola a misura di ragazzo, moderna e proiettata al futuro». Un uomo dalla cultura sconfinata di cui però, come fanno i grandi, non si vantava e anzi, come ricorda il bidello andato in pensione lo scorso anno, Valerio Scaccia, non faceva sentire nessuno a disagio, colloquiando anche in dialetto, con i collaboratori scolastici all’ingresso di scuola.

«Benito Lanci è stato un visionario capace di interpretare i segni del presente per leggere il futuro, con le radici ben salde nel passato»

«Benito Lanci è stato il Preside. Un uomo generoso e simpatico, prima che colto e profondamente innamorato del suo mestiere di “condurre fuori” dai suoi ragazzi quanto di bello e interessante non ancora sapevano di avere dentro». Sono le parole di un altro suo alunno, Pier Paolo Di Nenno, che lo ricorda come «un educatore di una caratura irripetibile per quanto sconfinata era la sua prateria sempre verde di interessi, passioni, saperi, con cui contagiava chiunque gli si avvicinasse. Benito Lanci è stato un visionario capace di interpretare i segni del presente per leggere il futuro, con le radici ben salde nel passato». E anche Pier Paolo, come Clara, ricorda quel primo collegamento a internet, «la prima scintilla per quello che sarebbe poi diventato il mio lavoro nel giornale della scuola “Di Tutto al De Titta” – dice -, il mio primo scambio culturale con i coetanei nel cuore dell’Europa». Erano gli anni ’90, ma aveva già portato il “De Titta”, con la sua idea di scuola, negli anni duemila. «Lo ricordo anche rivestito di severità nelle rare ma decise ramanzine che rivolgeva urbi et orbi dall’uscio della presidenza – racconta ancora Pier Paolo -, che si trovava non a caso all’angolo dell’edificio storico del De Titta. Da quella stanza angolare irradiava la luce della sua curiosità maestosa e forse per questo, di contro, ricordo anche il buio del silenzio che pervase la scuola il mattino dell’11 gennaio 1999 quando ci fu comunicata la sua morte. Con altri compagni di classe e istituto ebbi l’onore di accompagnare il feretro fuori dalla chiesa, nel giorno del suo funerale, un momento per me molto importante che ha segnato un prima e un dopo».

25 marzo 2019, l”intitolazione del salone d’onore della Casa di Conversazione

L’eredità di beni immateriali lasciata, come testimoniano quanti lo hanno conosciuto, è immensa e l’intitolazione del salone d’onore della Casa di Conversazione di Lanciano avvenuta nel ventennale della sua scomparsa è solo un piccolo sassolino nel mare magnum di ciò che ha fatto per Lanciano e per i suoi ragazzi.

«Gli sono particolarmente grato – conclude Pier Paolo Di Nenno – per aver profuso le sue migliori energie nel costruire una scuola pubblica che avesse l’ambizione di essere una “casa”, che non lascia fuori o indietro nessuno e che consente a tutti di accedere agli strumenti per esercitare la libertà di essere cittadini».

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