Edicole in crisi: «È un lavoro che richiede sacrifici ma anche tanta passione»

Negli ultimi quindici anni le edicole italiane sono passate da 42 mila a 26 mila. In media hanno chiuso 4 edicole al giorno6 edicole italiane su 10 realizzano utili inferiori ai 10mila euro annui. Questi dati sono lo specchio della crisi dell’editoria che sta costringendo migliaia di addetti a lasciare abbassate le saracinesche o, nel migliore dei casi, a diversificare la propria attività vendendo souvenir, biglietti dei trasporti e quant’altro. Ma la crisi delle edicole è strettamente legata a quella dell’editoria visto che tutti i quotidiani hanno riportato crolli percentuali in doppia cifra che superano anche il 50% in certi casi. Una situazione questa visibile anche a Lanciano dove il numero delle rivendite si è quasi dimezzato: parte di viale Cappuccini, via Spaventa, corso Roma, piazza Plebiscito e via del Mare sono infatti solo alcune delle zone della città dove il chiosco dell’edicolante è ormai definitivamente scomparso. Per comprendere meglio questa problematica ma anche per conoscere meglio il mestiere con i suoi pro e contro, Chiaro Quotidiano ha intervistato il signor Davide Soffio, titolare dell’omonima edicola di via Salita della Posta e di quella che, di fatto, è la più antica rivendita della città avendo iniziato la sua attività nei primi anni ’60.

«Innanzitutto bisogna dire che a Lanciano ed in Italia i quotidiani, come anche i libri, sono sempre stati letti poco rispetto a quello che accade in altre nazioni europee e quindi da noi la crisi delle edicole e dell’editoria è soprattutto un problema culturale e sociologico. Sicuramente la congiuntura storica attuale con la situazione economica ed i redditi più bassi rende sicuramente più difficile trovare risorse per giornali e quotidiani. Ad esempio attualmente il quotidiano più venduto è “Il Centro” che è molto richiesto dagli anziani soprattutto per conoscere la cronaca ed i fatti locali. In linea di massima però – afferma Davide – l’idea del quotidiano è quasi superata dal web e dalla possibilità, anche tramite i siti, di reperire in maniera più rapida le informazioni e le notizie: magari andrebbe ripensata la forma e l’idea di alcuni giornali dedicati più all’opinione e non alla cronaca che quando arriva sulla carta stampata può considerarsi già “vecchia”».

L’edicola Soffio nei primi anni ’60

Le edicole di oggi non sono però soltanto il posto dove acquistare i giornali ma in esse si trovano articoli per bambini e molte si sono anche attrezzate per il pagamento delle utenze o le ricariche di cellulari e carte prepagate, un extra che può diventare importante nella gestione dell’edicola ma che non soppianta la fonte di guadagno principali che rimane legata a giornali e riviste. «Poi – sottolinea Soffio – non tutti possiamo reinventarci edicolanti dal niente: la tradizione di famiglia, come nel mio caso, è importante ma c’è anche bisogno di empatia, disponibilità, gentilezza e perché no, passione verso questo tipo di lavoro».

Il lavoro dell’edicola non è facile come sembra anzi, l’idea di un’attività “leggera” per chi la gestisce è sbagliata, soprattutto nel momento in cui s’inizia a capire cosa c’è dietro il lavoro dell’edicolante. «Il dover gestire ogni giorno l’arrivo dei quotidiani non è facile perché ti obbliga ad alzarti all’alba tutti i giorni col caldo e con il freddo, con il sole e con la pioggia ed a non avere un solo giorno libero visto che noi edicolanti siamo aperti anche la domenica mattina. A molti colleghi – afferma Soffio – capitava spesso di aprire soltanto il pomeriggio ma con un orario così ridotto e impossibile arrivare a fine mese con un “guadagno” che ti permetta di avere una vita dignitosa». Un altro elemento di disturbo e che ha accelerato la crisi di questo settore è stata la scelta da parte degli editori di capillarizzare la vendita dando la possibilità ad ogni tipo di esercente (bar, tabaccai, centri commerciali) di vendere i giornali. «Tuttavia – afferma Soffio – questa scelta non ha pagato portando risultati mediocri e rivelandosi dannosa sia per le edicole e l’editoria ma anche per quelle stesse attività che, a fronte di un introito minimo, si sono trovate a dover avere a che fare con conteggi di copie e resi. L’idea che la gente comprasse meno giornali perché pochi erano i punti vendita disponibili si è rivelata infine completamente errata». Davide e la sua edicola, amministrata con l’aiuto del fratello, sono però legate ad un’idea di commercio tradizionale e ad una passione tramandata loro dai genitori e che in un momento di difficoltà può essere invece importante per sopravvivere. «Se io – afferma Davide – non vendessi solo riviste e prodotti editoriali, oltre a snaturare l’idea stessa di edicola, finirei solo per danneggiare i negozianti e le attività della mia zona, a fronte di un introito spesso risibile».

Una capillarizzazione dei punti vendita che, dicevamo, ha portato solo danni rivelandosi determinante in senso negativo per la definitiva chiusura di molte edicole. Un’altra problematica per i gestori delle rivendite è arrivata anche dalla politica portata avanti dai grandi nomi della stampa come “La Repubblica” e “Il Corriere della Sera” che sempre più spesso offrono ai propri lettori un servizio di abbonamento digitale con contenuti riservati a pagamento che hanno finito per togliere ulteriore appeal al cartaceo. Anche in questo però Davide Soffio dimostra tutto l’amore e la passione di quello che è per lui molto più di un semplice lavoro. «Io credo che il fascino un po’ antico e romantico della carta non potrà mai essere soppiantato del tutto dalla freddezza di un pc o di uno smartphone: la tecnologia è senza dubbio utile ma come diceva Umberto Eco “la lettura non è solo legata alla sfera visiva ma anche a quella tattile ed olfattiva perché – sottolinea Soffio – le pagine conservano odori e colori che ci rievocano ricordi legati a tempi e magari persone che non ci sono più».

L’edicola Soffio in una foto del 1983 – 1984

Un’altra delle cause legate alla crisi ed alla chiusura delle edicole è, potremmo dire, legata alla geografia ed al luogo dove le rivendite sorgono. «In questi periodi di difficoltà le prime rivendite che soffrono, e spesso chiudono, sono quelle delle zone periferiche. La mia edicola è in questo sensi favorita e senza meriti particolari perché, trovandosi nel centro storico, rappresenta spesso un crocevia di passaggio: forse le chiusure nella nostra città sono state il frutto di una sovradimensione della reale richiesta e di quella che è l’utenza effettiva». Un altro aspetto che si lega all’impoverimento delle edicole è legato al fatto che negli anni passati queste, un po’ come accaduto con le tabaccherie, venivano rilevate da ex lavoratori che, magari reinvestivano la loro liquidazione in queste attività. «Il problema – sottolinea Davide – è che ora le edicole non cambiano proprietario ma chiudono rimanendo invendute e che quindi queste non sono viste più come una modalità con cui investire i propri risparmi. Spesso poi si fa l’errore, in realtà molto comune, di vivere e spendere al di là delle proprie disponibilità ed in momenti di crisi si rischia di ritrovarsi senza spalle coperte». Le edicole restano però un presidio importante ed una presenza spesso irrinunciabile nel tessuto sociale delle nostre città. «È bello – ci confida Davide in conclusione – avere a che fare con la gente e conoscere i propri clienti, i loro gusti e passioni. Durante la pandemia ed il lockdown ad esempio – siamo state tra le pochissime attività ad avere il permesso di restare aperte visto che in quei mesi difficili il diritto d’informazione era ancora più importante del solito. Ebbene, in quei giorni cupi l’edicola, l’uscita seppur rapida per acquistare il quotidiano ed uno scambio di battute con l’edicolante, hanno rappresentato un piccolo momento di svago e di relax impossibile in qualsiasi altra situazione».

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