Revocati i domiciliari per uno dei principali indagati dell’operazione Blu Marine III contro il traffico internazionale di droga.
Resta solo l’obbligo di firma per Rodolphe Pinto, accusato di essere uno dei promotori di un’organizzazione che avrebbe avuto base a San Salvo, centro di una fitta rete di canali della droga. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale dell’Aquila, Marco Billi, ha accolto la richiesta dell’avvocato difensore, Giuseppe La Rana, che una settimana fa aveva presentato un’istanza di revoca della misura restrittiva e di autorizzazione a lavorare. Una richiesta motivata soprattutto in base al tempo trascorso dall’indagato prima nel carcere di Secondigliano e poi, dalla fine di luglio, ai domiciliari con braccialetto elettronico a Capracotta. Anche il pm ha dato parere favorevole all’attenuazione della misura: nei confronti di Pinto resta il solo obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. «Il decorso del tempo, la condotta impeccabile sia in carcere che ai domiciliari e la disponibilità a lavorare sono alla base della decisione del gip, che ha ritenuto si potesse alleggerire la posizione cautelare del mio assistito. Per lui si è presentata un’opportunità lavorativa da addetto alle pulizie», spiega La Rana. «E’ il primo indagato di questa inchiesta a tornare nella terra natia: gli altri che hanno avuto i domiciliari li stanno trascorrendo molto lontano da casa».
L’inchiesta – L’operazione Blu Marine III è scattata a gennaio. Un maxi blitz in cui oltre 150 militari tra carabinieri e finanzieri dei rispettivi comandi provinciali, con l’ausilio di unità cinofile antidroga e antiesplosivo e di un elicottero, hanno smantellato una presunta organizzazione criminale composta prevalentemente da albanesi insediatisi da anni a San Salvo. Gli inquirenti ritengono che le attività illecite fossero di due tipi: traffico di ingenti quantità di sostanze stupefacenti e attività estorsive. È stata l’operazione che ha fatto seguito a quella denominata Evelin del 2018.
Venti le ordinanze di custodia cautelare (18 in carcere, due ai domiciliari) tra Vasto e San Salvo emesse dal gip del tribunale dell’Aquila, Marco Billi, su richiesta dei procuratori della Direzione distrettuale antimafia, Michele Renzo e Stefano Gallo.
Secondo i pm, il gruppo criminale disarticolato con il blitz di gennaio – che aveva la base operativa nel bar Blue Marine III di via Grasceta a San Salvo – avrebbe preso il sopravvento dopo gli arresti delle precedenti operazioni che avevano ridotto la forza del clan rivale.
Per i due comandanti provinciali, Pietro D’Imperio (carabinieri) e Giuseppe Pastorelli (guardia di finanza), l’indagine «ha consentito di individuare e contrastare l’associazione criminale che aveva monopolizzato in forma esclusiva e sistematica il traffico e lo spaccio di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente del tipo cocaina ed eroina, anche attraverso la disponibilità e l’utilizzo delle armi». La droga proveniva, in base ai risultati delle indagini, dalla Calabria, vista la presenza in Abruzzo di elementi vicini alla ‘ndrangheta della provincia di Vibo Valentia, ma anche da Emilia Romagna e Puglia. Diversi, inoltre, i casi di estorsione documentati ai danni di locali notturni della costa – ad esempio un noto night di Casalbordino – per costringere i titolari ad avvalersi di servizi di security vicini alla presunta organizzazione; tra i metodi di convincimento, sarebbero stati utilizzati attentati incendiari, violenze e intimidazioni con le armi. Tra le persone minacciate, anche un’agente della polizia di Stato, finito nel mirino per una diffida nei confronti di un locale di scommesse che sarebbe riconducibile all’organizzazione: le è stato fatto ritrovare il coniglio di famiglia squartato davanti alla porta di casa.
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