Aree interne, il Governo: «Destino irreversibile». Il sindaco che non ci sta: «Servono azioni di speranza»

Se non è una resa, ci va molto vicino. Il Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne – redatto dal dipartimento per le Politiche di coesione e per il Sud della presidenza del Consiglio dei ministri – sta sollevando polemiche in tutta quell’ampia fascia di territorio che dovrebbe supportare.

Il passaggio incriminato si trova nelle pagine 45 e 46. Qui, nel paragrafo titolato Il declino demografico nelle aree interne: le disparità territoriali e le sfide per il futuro, oltre a evidenziare i dati drammatici dello spopolamento (una perdita di popolazione, nel periodo 2014-2020, che si attesta al -1,13% nei grandi centri e ben al -4,19% nelle aree interne; dato ancora peggiore se si considera la differenza, all’interno di queste aree, con i comuni ultraperiferici che toccano vette del -5,98%), si fissano gli obiettivi da raggiungere per il futuro.

Il quarto obiettivo – dall’emblematico titolo Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile – è quello più contestato, un Riposino in pace dedicato ai paesi dell’entroterra italiano: «Un numero non trascurabile di Aree interne si trova già con una struttura demografica compromessa (popolazione di piccole dimensioni, in forte declino, con accentuato squilibrio nel rapporto tra vecchie e nuove generazioni) oltre che con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività. Queste Aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse. Hanno bisogno di un piano mirato che le possa assistere in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento in modo da renderlo socialmente dignitoso per chi ancora vi abita.

I comuni, quindi, sono chiamati ad autocollocarsi in uno dei quattro obiettivi in base «ai dati disponibili sulla situazione demografica e sulle condizioni sociali ed economiche, e a potersi dotare di competenze e di strumenti più adatti al proprio caso per ottenere gli obiettivi specifici». Al dire il vero, anche i tre punti precedenti disegnano proiezioni positive solo per i grandi centri non interni e non al Sud. Nell’obiettivo 2, “Inversione di tendenza relativamente alle nascite”, si legge, ad esempio: «Una parte del Paese potrebbe riuscire ad avvicinarsi a tale scenario, ma verosimilmente non gran parte del Mezzogiorno e la maggioranza delle Aree interne» alle quali viene lasciato solo l’obiettivo 3, “Contenimento della riduzione delle nascite (da diminuzione accentuata a moderata)”.

Santilli con Legnini in occasione della riapertura dell’antico convento ristrutturato

Come detto, il documento – che paradossalmente dovrebbe contenere le strategie per un futuro differente per queste aree – ha sollevato le prese di posizione di numerosi sindaci di piccoli centri in tutta Italia. Tra questi, in Abruzzo c’è Luca Santilli, primo cittadino di Gagliano Aterno, centro con poco oltre 200 residenti in Valle Subequana in provincia dell’Aquila. Negli ultimi anni, qui si stanno portando avanti politiche di partecipazione e progetti e pratiche per attrarre nuovi residenti (ad esempio, Neo, Nuove Esperienze Ospitali) con risultati incoraggianti, presi a modello nel dibattito sulle aree interne.
Tra le buone pratiche adottate, ad esempio, c’è quella dell’assemblea cittadina (Communitas Gagliani) diventata un vero e proprio appuntamento fisso di condivisione e partecipazione tra amministratori e popolazione. Nell’ultima seduta, è stata stilata la seguente lettera al ministro per la Coesione territoriale, Tommaso Foti.

Un’assemblea cittadina a Gagliano

Egregio Ministro Foti,
le scrivo in qualità di Sindaco di Gagliano Aterno, un piccolo comune montano dell’Abruzzo, che da anni si impegna attivamente per contrastare quel fenomeno che nella bozza di Piano strategico nazionale per le aree interne, così come presentato in Commissione alla Camera dei Deputati, avete definito “irreversibile”: lo spopolamento.

Quanto scritto ci ha colpito profondamente. Non solo perché sembra sancire una rassegnazione di fronte a un problema che riguarda migliaia di comunità in tutto il Paese, milioni di abitanti, ma anche perché rischia di scoraggiare l’impegno quotidiano di amministratori, cittadini, associazioni e nuovi abitanti che, con fatica ma anche con speranza, stanno riportando vita nei territori considerati marginali.
Per questo, ho ritenuto importante portare il documento all’attenzione dell’assemblea cittadina del mese di giugno 2025 (che si riunisce dal 2021). In quella sede, i partecipanti – vecchi e nuovi abitanti, attivisti, operatori locali – hanno convenuto all’unanimità di condividere il contenuto di questa lettera e di trasmetterla formalmente.

Partiamo da un punto fermo: questo tema ci riguarda tutti. Riguarda la Nazione nella sua interezza, ed è per questo che non intendiamo restare in silenzio. Se domani dovessero scomparire gli abitanti che ogni giorno curano e conservano le cd. aree interne – che poi altro non sono che le montagne, i boschi, i fiumi, i laghi ed pascoli – pensate davvero che questo non avrà risvolti negativi sulle aree cd. urbane?
Siamo consapevoli delle difficoltà legate alla crisi demografica e alla carenza di servizi nelle aree interne, ma riteniamo pericoloso e ingiusto definirne il declino come un destino già scritto.

Noi crediamo che lo spopolamento non sia un processo irreversibile, ma una sfida politica e culturale. E come ogni sfida, può essere affrontata e vinta – a condizione che si agisca con visione, risorse e coraggio.
Nel nostro piccolo, lo stiamo già dimostrando: nascono nuove attività, arrivano nuovi abitanti, si attivano servizi innovativi e reti di collaborazione. Qui si mette in pratica la transizione ecologica, energetica e digitale. Non accettiamo che tutto ciò venga ignorato o sminuito.

È per questo che ci aspettiamo da chi governa il Paese parole e azioni che alimentino speranza, non rassegnazione. Le aree interne, soprattutto quelle del sud, non sono il passato dell’Italia, ma una parte viva e possibile del suo futuro, soprattutto di fronte alle tante crisi del nostro tempo che attanagliano le aree metropolitane.
Resto a disposizione per un confronto diretto e, se vorrà, saremo lieti di accoglierLa a Gagliano Aterno: per mostrarLe con i fatti che non tutto è perduto, e che proprio dai luoghi più piccoli può ripartire una nuova idea di Paese.

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