Denso, l’intervista: gli esuberi e le incognite. «È necessario incontrare i vertici giapponesi»

DI COSA PARLIAMO – A fine aprile scadrà la cassa integrazione di cui la Denso di San Salvo sta usufruendo dopo l’ultima proroga nel novembre scorso. Da mesi i sindacati chiedono un incontro al Ministero per discutere della situazione della fabbrica. Nel bilancio di esercizio al 31 marzo 2023 si è registrato un aumento del fatturato rispetto al disastroso anno precedente, ma è evidente anche il calo degli investimenti.
A metà marzo le segreterie nazionali di Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm Uil e Fismic hanno sollecitato nuovamente un dialogo col Ministero sottolineando che il continuo ricorso agli ammortizzatori sociali senza un piano di investimenti può mettere in seria difficoltà il sito [LEGGI]. Ne abbiamo parlato con il segretario generale della Fiom Cgil di Chieti, Alfredo Fegatelli.

⁠Innanzitutto, qual è la situazione degli ammortizzatori sociali? Questo appena iniziato è l’ultimo mese coperto dalla cassa integrazione, poi che cosa accadrà se non sarà rinnovata?
Purtroppo, la gestione precedente non ha avuto il coraggio di far conoscere la situazione reale riguardante gli esuberi e ha gestito la cassa integrazione in modo, a mio parere, poco adeguato. Avrebbero potuto adottare i contratti di solidarietà, seguendo il nostro suggerimento di estendere di un anno gli ammortizzatori sociali, ma questa opzione non è stata presa in considerazione. Attualmente, ci troviamo di fronte a una proroga della cassa integrazione che scade ad aprile. In qualità di rappresentanti di Fim, Fiom e Uilm, abbiamo richiesto un incontro con il ministero delle Imprese e del Made in Italy per esaminare attentamente il piano industriale e, in questa sede, cercare di ottenere un prolungamento della cassa integrazione. Se non sarà rinnovata, ciò indicherebbe una mancanza di credibilità del piano industriale.

Alfredo Fegatelli

⁠Attualmente qual è il numero degli esuberi? Quanti dipendenti sarebbero a rischio senza ammortizzatori sociali?
Rispondere a questa domanda è complesso. Durante una riunione nel 2020, l’azienda ha comunicato “bisbigliando” inizialmente un numero di 400 esuberi, per poi correggerlo immediatamente con 200. Se valutiamo la situazione attuale, possiamo notare che a dicembre 2020 l’organico contava 1.073 lavoratori, mentre alla fine di dicembre 2023 si è ridotto a circa 830 lavoratori, con un saldo negativo di 243 unità. Adesso, l’azienda sta considerando l’opzione dell’isopensione per circa 180 lavoratori come mezzo per ridurre il personale. Se questa opzione venisse finanziata, supereremmo di gran lunga i 400 esuberi “bisbigliati”. Per quanto riguarda l’assenza di ammortizzatori sociali, l’intero organico sarebbe in seria difficoltà in caso di una diminuzione della produzione.

⁠La Fiom, a differenza delle altre organizzazioni sindacali, è da tempo fortemente contraria alla cassa integrazione per transizione, perché?
La cassa integrazione per transizione occupazionale richiede un accordo in cui gli esuberi vengono identificati specificamente con nome e cognome. Tuttavia, oltre alla gravità di questo processo di individuazione degli esuberi nominativi, rimane il fatto che tutti gli altri lavoratori non designati come esuberi non avrebbero accesso alla cassa integrazione in caso di cali di produzione, già annunciati dal management e che dovrebbero protrarsi fino al 2027. Stante questa situazione, ci sarebbe un grave problema soprattutto economico per le lavoratrici e i lavoratori. Per questo motivo, rimaniamo fermi sulle nostre posizioni. Certamente, potremmo considerare altre alternative, ma è essenziale avere delle certezze e delle garanzie prima di sottoscrivere un accordo di questo tipo.

Quali certezze chiedete per poter rivedere la vostra posizione?
L’unica ragione per cui potremmo riconsiderare la nostra posizione è banale: prima l’azienda ci deve fornire certezze concrete anziché vaghe affermazioni. Una volta ottenute tutte le rassicurazioni necessarie, dobbiamo procedere sequenzialmente con una serie di accordi e avere per iscritto le disponibilità di coloro che desiderano utilizzare l’isopensione. È quindi fondamentale garantire percorsi precisi e valutare l’accordo solo successivamente. I percorsi delineati sono i seguenti, nell’ordine specificato:

• è fondamentale ottenere una certezza riguardo all’accordo sull’isopensione, con la garanzia che venga assicurato lo stesso trattamento dei contratti di espansione, ossia il 90% della Ral (Retribuzione Annua Lorda). L’accordo sull’isopensione deve essere firmato prima della cassa integrazione.
• Qualsiasi esubero individuato nominalmente deve corrispondere esattamente agli aventi diritto all’isopensione. Questi dipendenti devono anche aver dato il loro consenso per iscritto al percorso previsto da tale strumento prima dell’accordo sulla cassa integrazione per transizione occupazionale.
• Nel caso di eventuali cali di produzione, l’azienda deve garantire lo stipendio pieno e la maturazione dei ratei ai lavoratori soggetti a tale riduzione di produzione.

Un’immagine dall’alto della Denso

⁠Il bilancio di esercizio al 31 marzo 2023 ha evidenziato un fatturato in aumento dopo la maxi perdita dell’anno finanziario precedente, ma ha anche sottolineato un sensibile calo degli investimenti dovuto all’assenza di nuove applicazioni da implementare [LEGGI]. Da tempo chiedete un piano per il futuro, questo dato vi preoccupa ulteriormente? Quali investimenti sono necessari?
Per tali ragioni, i rappresentanti sindacali nazionali di Fim, Fiom e Uilm hanno richiesto un incontro al Ministero. È essenziale che a questo incontro partecipi il ceo Denso in Europa Kenichiro Ito, poiché solo in questo modo potremo ottenere la certezza di un impegno da parte della casa giapponese. Riguardo agli investimenti, ci aspettiamo innanzitutto che le linee produttive vengano saturate immediatamente, considerando l’assenza di ammortizzatori sociali. Successivamente, ci attendiamo una verifica riguardo alla reale intenzione di investire i 54 milioni di euro promessi, al fine di affrontare con successo la sfida della transizione.

Kenichiro Ito

⁠Da anni l’andamento della Denso è al centro dei timori dei sindacati. Cosa manca allo stabilimento sansalvese per un salto di qualità?
Investire nelle nuove tecnologie e potenziare la fornitura verso clienti diversi da Stellantis sono obiettivi fondamentali. Nel corso degli anni, le lavoratrici e i lavoratori di San Salvo hanno dimostrato di possedere le capacità necessarie per affrontare sfide come l’efficientamento della produzione. Questa stessa capacità rappresenta il punto di forza per accogliere nuove produzioni che si orientino verso la transizione.

⁠Negli ultimi due anni si sono succedute le visite dei massimi dirigenti del gruppo nipponico, le ultime qualche mese fa. Avete avuto rassicurazioni e notizie da tali sortite?
Come sempre, ci troviamo coinvolti tramite intermediari italiani e non siamo mai convocati direttamente dai vertici giapponesi. Di conseguenza, dobbiamo basarci su ciò che ci viene riportato. È proprio per questo motivo che riteniamo essenziale dialogare direttamente con i vertici giapponesi della Denso e per questo chiediamo la loro presenza al Ministero.

⁠In passato non avete risparmiato forti critiche al management locale, cosa gli rimproverate?
Non hanno avuto il coraggio di comunicare tempestivamente la situazione reale, né di ascoltare le organizzazioni sindacali che, sin dal 2020, sollecitavano un incontro al ministero dello Sviluppo economico. Invece di affidarsi costantemente a consulenti esterni, avrebbero potuto affrontare direttamente la questione nelle sedi appropriate, mettendo in luce sia le difficoltà che le opportunità. È essenziale rendere trasparente una crisi, poiché solo così è possibile creare una sinergia per affrontarla. Nonostante ciò, il sindacato è riuscito negli anni a dimostrare una migliore comprensione della gestione di una crisi, avanzando proposte concrete che hanno contribuito a mitigare i danni, come la persistente richiesta di una nuova proroga della Cigs al posto della Transizione. Ancora una volta, siamo stati noi a dimostrare di avere ragione.
Infine, hanno mancato di visione lungimirante riguardo ai prodotti, trascurando investimenti cruciali come piccoli motori e sistemi di raffreddamento, fondamentali in ogni tipo di auto. Questa scelta avrebbe migliorato la situazione dello stabilimento, salvaguardando i lavoratori.

⁠Ad oggi, con questo stato di cose, se dovessi ipotizzare il futuro della Denso a San Salvo, quale sarebbe?
Purtroppo, il destino della Denso di San Salvo è strettamente legato al futuro del settore dell’automotive in Italia. Tuttavia, sono convinto che un grande gruppo come la Denso abbia le risorse necessarie per introdurre nuove attività, anche perché le lavoratrici e i lavoratori della Dmit (Denso Manufacturing Italy) hanno dimostrato il loro valore. Credo fermamente che la straordinaria capacità di queste lavoratrici e questi lavoratori nell’affrontare le sfide del mercato rappresenti l’arma vincente che ci fa sperare in un futuro migliore.

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