Alla Denso fatturato in aumento e 5 milioni di euro di utile. Sensibile calo degli investimenti

Dati in miglioramento alla Denso di San Salvo (in linea con altre importanti realtà dell’automotive), ma i numeri sono ancora inferiori a quelli del 2019, cioè prima della grave crisi del settore causata dalla pandemia. È quanto emerge dalla lettura del bilancio della fabbrica sansalvese riferito al periodo 1° aprile 2022-31 marzo 2023 e approvato nell’assemblea degli azionisti del 21 dicembre 2023. Nella stessa occasione Tsunenobu Hori è stato eletto presidente del consiglio d’amministrazione.

Il precedente anno fiscale (che per i gruppi giapponesi si conclude il 31 marzo) si era chiuso con la maxi-perdita di 131 milioni di euro, ripianata con un’iniezione di capitale pari a 133 milioni di euro (e contestuale riduzione del capitale sociale della Denso di San Salvo a 1 milione di euro) da parte della Denso International Europe. L’ultimo anno finanziario per lo stabilimento si è chiuso con un utile di esercizio di 5.183.456 euro.

Crescita di fatturato

Positivo anche il dato sul fatturato passato da 241.503.863 euro a 284.461.088 euro: una crescita del 18%, pari a 42.957.225 euro. Un segno più dovuto in parte al miglioramento delle vendite degli alternatori.
Come per la Stellantis, anche per la Denso la stragrande maggioranza della produzione è destinata all’estero. Il 21% delle vendite è riconducibile a clienti italiani, per la stragrande maggioranza (19%) al gruppo Stellantis (54 milioni di euro, +17% rispetto all’anno fiscale 2021). Il 79% delle vendite è all’estero (quota in aumento del 18%) con incrementi verso alcune delle più importanti case automobilistiche come Bmw (+18%) e Mercedes Benz (+13%).

Come detto, il dato attuale, seppur in miglioramento rispetto al precedente bilancio, è inferiore del 14% se confrontato con il 2019. In aumento del 6,59% i pezzi prodotti: 9.970.864, nell’anno fiscale 2021 erano stati 9.354.358.

Costi di produzione in calo

Tra i fattori che hanno contribuito positivamente all’utile di esercizio c’è la sensibile diminuzione dei salari e stipendi passati da un complessivo di 41.838.244 euro a 28.961.249 euro. Il costo del personale (che si attesta sulle 904 unità) è così sceso da 56.911.987 euro a 40.410.682 euro. Nella relazione sulla gestione agli azionisti, l’amministratore delegato Francesco Monaco riconosce il contributo a questo calo anche «di difficili scelte gestionali passate come la riduzione della forza lavoro complessiva a seguito del processo di ristrutturazione», oltre al miglioramento della produttività, dell’uso di ammortizzatori e ai minori oneri per gli esodi volontari.
Il costo totale della produzione è conseguentemente sceso da 375.531.134 euro a 291.460.404 euro.

Le note dolenti

Non mancano i motivi di preoccupazione. Per l’azienda sono soprattutto quelli già noti, la crisi generata dalle difficoltà di approvvigionamento di semiconduttori, sicuramente affievolitasi rispetto agli anni precedenti, e, soprattutto, l’elevato costo delle materie prime e delle fonti energetiche causato dal conflitto in Ucraina.
Se da un lato l’affievolirsi della crisi generata dalla pandemia ha consentito una ripresa del mercato automotive, dall’altro il proseguimento della guerra Russia-Ucraina ha tenuto alti i costi delle materie prime e delle fonti energetiche «a cui si è fatto fronte con miglioramento produttività, riduzione spese e razionalizzazione di risorse».

A confermare i timori e le rimostranze dei sindacati nel corso degli anni sono le cifre relative agli investimenti. Questi sono scesi sensibilmente in quest’ultimo anno fiscale a 4,2 milioni di euro, nel precedente bilancio ammontavano a 7,3 milioni di euro. Un calo dovuto all’«assenza momentanea di nuove applicazioni da implementare e necessità di mantenere alta l’efficienza delle linee produttive esistenti».
Probabilmente è questo uno dei dati che dovrebbe maggiormente preoccupare le organizzazioni sindacali che, già da tempo, cercano di avere chiarezza sui piani riguardanti la storica fabbrica sansalvese anche nell’ottica della realizzazione di componenti per l’auto elettrica del futuro.

I rappresentanti dei lavoratori nei giorni scorsi hanno fatto sentire la propria voce: «Le operazioni finanziarie sono utili, ma senza nuovo lavoro e nuovi mercati, si rischia di basare le decisioni degli azionisti su puri calcoli finanziari – ha scritto la Fiom Cgil di Chieti – Osserviamo un notevole ridimensionamento dello stato patrimoniale. Leggendo il bilancio, emerge che gli azionisti avevano previsto la situazione già dal 2022. Infatti, il 30 marzo 2022 è stato approvato un piano industriale per il periodo 2022-2032 con Break Even previsto entro il 31 marzo 2027. Se esiste un piano industriale, perché l’azienda è evasiva ogni volta che si chiede la presentazione di questo piano? Forse è un piano che prevede una forte ristrutturazione? Ma la domanda che ci poniamo e che ci preoccupa di più è: come pensano di arrivare al 31 marzo 2027 senza ammortizzatori sociali?». «È arrivato il momento di organizzare un incontro al ministero delle Imprese e del Made in Italy con la presenza di azionisti, sindacato e politica locale, con l’obiettivo di inserire la Denso di San Salvo tra le aziende di interesse strategico nazionale e far presentare in quella sede il piano industriale».

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