«…quando la morte si sbaglia!». Dieci anni senza Maria Giulia Moretta

Oggi, 24 settembre, sono dieci anni dalla morte di Maria Giulia Moretta. Insegnante e donna molto attiva nella parrocchia San Nicola di San Salvo e nel mondo del sociale. La sua prematura scomparsa ha lasciato un vuoto incolmabile in chi l’ha conosciuta. Abbiamo chiesto a Domenico Di Stefano, suo amico, di ricordala, attraverso i suoi pensieri, in questa giornata.

Sono trascorsi dieci anni dalla nascita al Cielo di Maria Giulia Moretta. La mia, la nostra, carissima Maria Giulia. Dieci anni. Centoventi mesi. Tremilaseicentocinquanta giorni. Tanti o pochi, tutto e niente, dipende dalla predisposizione del cuore, il tempo, da sempre, lo si misura così. Per il resto rimane un grande vuoto, incolmabile e, al contempo, la consapevolezza del Paradiso. E così me la immagino Maria Giulia impegnata in lezioni di volo per gli angeli più giovani, o a creare cooperative tra le stelle, o a scorgere un “lontano”, in fila, discreto e timido, dietro una nuvola. Il Paradiso è un luogo attivo, forse per questo spesso si annette in anticipo i migliori. Adesso che ci penso, in questi dieci anni mi è capitato una sola volta di sognare Maria Giulia. Sognare, vedere, incontrare, insomma, una di quelle sensazioni che non è necessario spiegare, fate voi. Non l’ho raccontato mai a nessuno. Eravamo in un parco bellissimo, c’era tanto, tanto verde, tante sfumature di verde, ma un verde che non era come i verdi in circolazione, almeno per me è ancora così. C’era tanto, tanto sole ma non si stava male, anzi! Lei mangiava un maritozzo alla panna su una panchina ed era felice. Ricordo di essermi seduto accanto e di essermi contagiato di questa sua serenità, di questo sorriso. In verità abbiamo parlato e riso molto, come ai “vecchi tempi”, ma non rammento gli argomenti specifici. Ad un certo punto Lei mi ha dato un abbraccio forte e mi ha regalato l’ennesimo sorriso irripetibile e si è avviata su un sentiero e mentre guadagnava i passi e la vedevo vestirsi di Luce, si appalesavano tanti altri sentieri e tante altre strade che si incrociavano e confondevano tra loro e che mi era impossibile contare. D’altronde non c’è alcuno che non abbia incontrato Maria Giulia e che non abbia intrecciato la sua strada con Lei, anche se era più frequente che fosse proprio Lei a percorrere le strade più anguste, più buie, più in salita, più sole e dimenticate.

Maria Giulia è stata, ed è, una mappa stradale per tanti, tantissimi; è stata, ed è, un crocevia di destini pesanti e di speranze leggere e ritrovate; è stata, ed è, un cartello indicatore concreto, di quelli che davvero indicano la strada perchè ti camminano accanto e ti accompagnano! E senza fare distinzioni di mete, luoghi e case, che oggi giustamente ed affettuosamente la ricordano: la parrocchia di San Nicola Vescovo, l’Istituto “Raffaele Mattioli” e la città di San Salvo, dalle sue piazze illuminate agli anfratti più desolati e scordati, dove non ci passa nessuno ma ci si va apposta. Questa era, ed è, Maria Giulia Moretta: una donna innamorata di Dio che non privatizza questo dono ma lo storicizza, lo incarna e, come direbbe papa Francesco, «segue l’odore delle pecore». Senza afflizioni, proclami e autoreferenzialità di facciata ma con consapevolezza, cultura, inquietudine, ricerca, pragmatismo, capacità, attenzione, mamma mia quanta attenzione! E quanta Fede! E quanta Letizia! Ce ne siamo fatte di risate Amica bella! Ci siamo fatti pure qualche pianto, soprattutto gli ultimi giorni. Qualche volta piango ancora, da solo. Ma devo dire che da quel parco verde che mi hai fatto visitare ne sono uscito più…ostinato, rinnovato! L’ennesimo dono per cui ti sono infinitamente grato (non fare finta di niente, tanto l’ho capito che avevi preparato tutto!).

Oggi celebriamo la tua memoria e la tua nascita in Paradiso. Ma a me, non volermene, non mi aggrada il tono della commemorazione e piuttosto mi viene in mente la festa del “non compleanno” di Alice nel paese delle meraviglie con i suoi amici: in fin dei conti perchè celebrare una sola data se l’Eternità ti guarda faccia a faccia, se contempli il Volto dei Volti? E allora anche la memoria assume una sua dinamicità, un reiterato impegno per le tue “battaglie” e i tuoi insegnamenti, una fattezza poetica, un compendio di tenerezza e rilanciata fede, un senso profondo e sacro anche della vita e della morte. Perchè «la memoria obbedisce sempre al cuore». E il mio cuore è in costante dialogo con Te, riconosce il timbro della tua voce, il rumore dei tuoi passi, i tuoi gesti esclusivi, persino gli atteggiamenti, e quei silenzi lunghi e guerrieri utili a rinnovarsi amicizia e condivisione. Sai che ti dico Maria Giù? Che ti voglio bene, senza dismissioni alcune. E ti dico che se avessi la voce intonata, e magari non “rotta” da quest’emozione che fatico a governare, ti canterei e ti dedicherei quella strofa che Renato Zero canta per una sua cara amica che, come te, ha voltato pagina troppo presto, proprio quella strofa che dice che «…è bello poter dire che la morte si sbaglia!».

Domenico Di Stefano

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