Il ricovero e l’intervento dopo una caduta: «Al San Pio ho trovato attenzione e disponibiità»

Dal professor Andrea Simoncelli, docente di matematica e scienze della scuola secondaria di primo grado G.Rossetti di Vasto, riceviamo questa lettera che racconta l’esperienza da lui vissuta nelle ultime settimane.

La vita può cambiare in un momento mi fa paura e anche se il pavimento del paradiso sei per me canta Niccolò Fabi nella sua bellissima Lasciarsi un giorno a Roma. Ed è proprio all’inizio di questa frase che ho pensato, seppur in condizioni di forte dolore, un pomeriggio sdraiato a terra, sul pavimento di casa mia. Non so a cosa esattamente si riferisca il cantante nelle sue parole, o forse sì… ma poco importa; invece il mio “la vita può cambiare in un momento” ha una collocazione ben precisa quando giovedì 28 aprile, per una banale e stupida scivolata, cadendo ho riportato la frattura scomposta della rotula sinistra. Un attimo e la vita che cambia perché, seppur io non sia un medico, ero comunque subito consapevole della gravità della situazione. E quella canzone continuava a frullarmi nella testa anche quando mi recavo al Pronto Soccorso, continuando a chiedermi come fossi caduto così violentemente.

Tuttavia, per comprendere meglio il resto di questa lettera, è necessaria una piccola premessa facendo un balzo indietro nel tempo e in particolare nell’aprile del 2021, più o meno da quando è stato attivato l’HUB vaccinale presso il Palazzetto dello Sport di Vasto. Qui, per molti mesi, ho prestato servizio come volontario, aiutando medici e infermieri nella parte “burocratica” delle vaccinazioni. In particolare il mio servizio si è poi intensificato nei mesi estivi, essendo più libero dal mio lavoro di docente. 

L’esperienza al centro vaccinale è stata per me molto intensa, positiva e in un qualche modo ha soddisfatto una mia “necessità”: facendo un primo bilancio della mia vita mi rendevo conto di essere stato molto fortunato, di aver già avuto tanto dalla vita (certo, tutto però conquistato con grandi sacrifici) e avevo bisogno di fare qualcosa per gli altri, per la mia comunità, qualcosa per superare la pandemia da Covid-19, sconfiggere quel maledetto Sars-Cov-2 che ha stravolto la vita di tutti noi, in particolare dei più giovani. Per questo non potevo perdere quell’occasione, e in effetti non me la sono fatta scappare!

Bene, perché racconto questo? Perché in quel periodo, in quei tanti turni, in quelle tante ore trascorse tra un paziente e l’altro, tra una mini pausa e l’altra, ho avuto modo di conoscere tanti medici, tantissimi infermieri. Non ricordo tutti i loro nomi, però molti di loro li ho ritrovati durante la mia permanenza in ospedale (necessario, infatti, un intervento chirurgico). E allora pensavo che in un contesto per me così difficile in quel momento, rivedere qualche volto “amico” è stato sicuramente un motivo di sollievo, perlomeno per il morale.

Ci siamo riconosciuti e abbiamo avuto modo di scambiare alcune parole, ricordando qualche piccolo e simpatico aneddoto capitato nel centro vaccinale, sin dalle prime ore nel Pronto Soccorso, fino al Reparto di Ortopedia e addirittura uno di questi volti “amici” tra gli infermieri poco prima di entrare in sala operatoria. Non pensavo che tutto quanto svolto in quella mia attività di volontariato mi tornasse indietro, come un boomerang, in maniera così positiva! «Cortesia chiama cortesia», «buone maniere chiamano buone maniere», «educazione chiama educazione». In molti questo mi hanno detto in Ospedale, al telefono, nei tanti messaggi che mi sono giunti. Ebbene, lo spero proprio, spero che questo sia vero. Altro che teorema di Pitagora, poligoni o equazioni varie! Anche se fosse l’unico insegnamento che ho davvero trasmesso ai miei studenti, ne sarei profondamente orgoglioso.

E dunque ho sentito la voglia di raccontare questa vicenda, un vero e proprio esempio di buona sanità nel nostro ospedale, spesso da tanti criticato. Perché una cosa è certa: sia in Pronto Soccorso, sia in reparto, sia in sala operatoria, tutti si sono presi cura di me con grande attenzione, umanità e, soprattutto, disponibilità. Ringrazio tutti, senza fare necessariamente tutti i loro nomi, in quanto non li ricordo con esattezza; in particolare un ringraziamento al dottor Francesco Meale, che ha speso per me parole di grande umanità quando io, accorgendomi che il mio anno scolastico terminava in quel modo così brusco, ho pianto come un bambino al quale è stato sottratto il suo giocattolo preferito. Ringrazio, con grande stima e affetto, il dottor Giulio De Martino che ha curato l’aspetto pre-chirurgico e  che poi mi ha dimesso. E, in particolare, ringrazio il dottor Enzo di Prinzio, primario del reparto di Ortopedia, che con grande professionalità ha eseguito l’intervento chirurgico. Mi complimento con lui per l’eccellenza del suo reparto! Grazie davvero!

Ringrazio gli infermieri, gli operatori socio sanitari, insomma tutto il personale di reparto che nei giorni di degenza mi ha aiutato anche in quei semplici gesti quotidiani che d’improvviso erano diventati (e sono tuttora) estremamente difficili da compiere. Ringrazio tutto il personale del Pronto Soccorso, lo staff della radiologia e tutti quelli che si sono occupati di me in sala operatoria; ho capito subito con quale enorme professionalità tutte queste figure svolgono ogni giorno il proprio lavoro. Infine, un ringraziamento va a tutti quelli che, in un qualche modo, mi hanno fatto sentire la propria vicinanza: i miei cari alunni, le loro famiglie, gli amici, i colleghi e il personale scolastico tutto.

Grazie dal profondo del mio cuore.

Un’ultimissima considerazione. Ovviamente scrivo questa banale lettera nella piena consapevolezza che, quanto mi è accaduto, sia sostanzialmente una “sciocchezza”. E allora il pensiero corre a tutte le persone che soffrono e combattono con problemi di salute ben peggiori. Buona vita a tutti!

Andrea Simoncelli

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