La storia della Sider Vasto a Punta Penna si era interrotta bruscamente alla fine del 2015, dopo anni di duro tira e molla con i dipendenti costretti ripetutamente a passare dalla speranza di una ripartenza del sito alla disillusione.
Insediatasi a Vasto nel 1978, la fabbrica, insieme al gruppo modenese di cui faceva parte, era diventata leader in Europa nella produzione di tubi elettrosaldati. Basti pensare che da questa fabbrica partirono i componenti per importanti infrastrutture e opere come, ad esempio, le barriere di protezione del Passo del Brennero, i tubi per la copertura dello stadio Olimpico di Roma in occasione dei Mondiali di calcio del 1990 o, ancora, le strutture metalliche per i caratteristici autobus scoperti di Londra (in occasione delle proteste, i dipendenti ricordavano ancora le scrupolose visite dei clienti inglesi per accertarsi della correttezza della lavorazione).
Le difficoltà, iniziate con la crisi globale del 2008, si accentuarono nel 2012 (con il gruppo che perse alcuni importanti soci) per esplodere definitivamente l’anno successivo quando gli operai, senza stipendio da mesi, diedero vita, insieme ai sindacati, a presidi a oltranza davanti allo stabilimento per evitare che i tir inviati dalla casa madre ritirassero le ultime scorte (i macchinari erano già stati spenti da tempo).
La vicenda ricorda molto quella della Golden Lady di Gissi con la quale condivise alcune tempistiche. Il mese di luglio del 2013 fu contraddistinto dai picchetti degli operai sia in Val Sinello che a Punta Penna e non mancarono casi di coniugi occupati nelle due aziende che in quei caldi giorni – non solo per la temperatura – si ritrovarono a presidiare contemporaneamente, a qualche chilometro di distanza, il proprio posto di lavoro.
Alla fine del 2013, i dipendenti (scesi a poco più di 50) trovarono uno spiraglio nell’interessamento della Tecnotubi della provincia di Brescia, ma anche questa trattativa si interruppe. Nel settembre 2014, arrivò il via libera dal Tribunale di Vasto al concordato preventivo.
Quasi un anno dopo, siamo a giugno 2015, il clima si surriscaldò ancora con nuovi presidi di lavoratori e sindacati. Questa volta i picchetti degli operai, in cassa integrazione da tre anni, avevano l’obiettivo di non far uscire dallo stabilimento un macchinario fondamentale per le lavorazioni la cui cessione avrebbe significato la morte della fabbrica, lo slitter, già venduto dalla proprietà.
L’ultima speranza arrivò dalla Sideralba della provincia di Napoli appartenente al Gruppo Rapullino. Questa fiammella si spense definitivamente nel dicembre del 2015 quando la proprietà e il curatore fallimentare rifiutarono l’offerta di 8 milioni di euro. La fabbrica chiuse, i lavoratori vennero messi in mobilità e capannone e beni finirono all’asta.
Ora per la gloriosa fabbrica sembra aprirsi un nuovo capitolo: la Arvedi – in passato già fornitrice della Sider Vasto e di proprietà del patron della Cremonese Giovanni Arvedi – l’ha acquistata e sta modernizzando gli impianti con l’obiettivo di ripartire nel febbraio 2023 con 80-100 dipendenti, non è escluso che ci sia una possibilità anche per i protagonisti del triste epilogo di qualche anno fa.
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