«Vasto è un paradiso». Lo ripeteva spesso Vittorio Emanuele Russo, quando si fermava a parlare con qualcuno. E se l’incontro avveniva di fronte al mare, su quella via Adriatica che era il luogo preferito per le sue passeggiate, aveva gli occhi che brillavano ammirando il mare. È nato in una casa dove si respiravano storia e cultura, suo nonno era fratello di Luigi Anelli, e in casa Anelli è il suo studio, che si affaccia su corso de Parma, dove ha dedicato tanto impegno al lavoro, dopo una prima parte di vita nell’Aeronautica e poi come funzionario ministeriale. Sulla scrivania, tra le montagne di carte, una clessidra, a segnare il tempo da ben impiegare nella vita. E alle spalle un crocifisso, a ricordare sempre il suo completo affidarsi nelle mani di Dio.
La vastesità. Un concetto forse difficile da spiegare a parole, fatto di storia, tradizioni e cultura, di piccoli gesti quotidiani appresi da piccolo e portati avanti nella vita. Un sentimento comunitario che, lo ripeteva spesso, «si sta perdendo», facendo anche un’autocritica sulla sua generazione, che avrebbe dovuto fare di più per trasmetterlo. Era piacevole l’incontro con don Vittorio. Ti accoglieva con quel suo sorriso sereno, si scioglieva in un abbraccio fraterno e sincero, che ti faceva respirare un profumo di signorilità e di bontà d’animo. Vittorio Russo sentiva la responsabilità di trasmettere ai più giovani quanto imparato nella sua vita. Non mancava mai un complimento, un consiglio, uno stimolo ad andare avanti sulla propria strada.
Oltre che della sua professione, che in più occasioni ha donato gratuitamente alla città, Vasto ha potuto contare sulla sua figura in tanti momenti della vita comunitaria. Aveva partecipato con grande entusiasmo alla ricostituzione della sezione cittadina dell’Associazione Arma Aeronautica, tornando ad indossare la bustina con i suoi gradi e portando sempre appuntata sulla giacca la spilla da aviatore. Un percorso, di studi e professionale, che lo aveva formato e fatto diventare uomo e che, negli anni a Napoli e in altri luoghi d’Italia, gli ha fatto comprendere ancora di più quanto fosse forte il legame con la sua terra.
Vittorio era un uomo di fede. La viveva nel suo quotidiano, nella sua famiglia, e nella Confraternita Sacro Pio Monte dei Morti, di cui era priore emerito. Era il modo di unire la fede e l’attaccamento alle tradizioni cittadine, due pilastri della sua esistenza, ritenendo importante tramandare i riti della Settimana Santa. Negli ultimi anni, nonostante gli acciacchi dell’età, non mancava mai di partecipare alla processione del Venerdì Santo, caricandosi sulle spalle insieme ai confratelli, anche se per un breve tratto, la statua del Cristo Morto. E il suo volto era solcato di fatica e commozione, nel vivere personalmente il mistero dei giorni della Passione e poter essere, ancora una volta, insieme alla gente della sua città.
Mancherà a tutti Vittorio. Mancheranno i suoi abbracci e i suoi consigli. Mancherà il suo «ho letto quello che hai scritto. Bravo. Ma ricordati di parlare bene di Vasto».
La tua città era il tuo paradiso sulla terra. Da oggi, caro Vittorio, sei nel Paradiso dove godrai della vita eterna.
Foto nello studio di Costanzo D’Angelo
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