Marsilio: «Non hanno fatto nulla di male. Regione disponibile a una soluzione per la famiglia che vive nel bosco»

Fino a che punto lo Stato può intervenire nella vita di chi sceglie un’esistenza distante dalle convenzioni sociali? Una domanda che il presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, pone apertamente in una lunga lettera aperta con cui ha deciso di commentare il provvedimento del Tribunale per i minorenni che ha disposto l’allontanamento dei figli dalla casa nel bosco [LEGGI].

Marco Marsilio

«Non posso e non voglio sottrarmi ad una riflessione. Lo faccio con il massimo rispetto verso la magistratura, le cui decisioni sono e restano un punto fermo in uno Stato di diritto. Le sentenze si rispettano sempre. Ma il rispetto non esclude la possibilità — e talvolta il dovere — di interrogarsi. Sono certo che gli stessi giudici che hanno preso questa decisione lo abbiano fatto non senza averne sentito il peso e la difficoltà».

Marsilio: «Parlo da presidente, ma anche da padre»

«Parlo da Presidente della Regione Abruzzo, ma anche da padre. Perché questa vicenda, prima ancora che istituzionale, è umana. Mi domando dove si collochi il confine tra la libertà di una famiglia che non ha commesso reati, non ha esercitato violenze, non ha sottratto i figli all’istruzione, paga le tasse e sceglie uno stile di vita diverso, e l’intervento dello Stato quando giudica “inappropriato” quel modo di vivere. Viviamo un tempo in cui tutto sembra dover essere moderno, digitalizzato, incasellato. Una società che ci chiede di essere costantemente connessi, uniformi, integrati. Questa famiglia rappresenta l’opposto: una scelta radicale, certamente non comune, ma che appartiene a un modo antico di vivere la relazione con la natura e con il tempo. È legittimo, però, domandarsi se una distanza così forte dalla socialità possa limitare la crescita dei bambini e la loro capacità di confrontarsi con il mondo reale. È una domanda seria, che merita attenzione».

«Questa famiglia non ha fatto male a nessuno»

«Ma accanto a questa riflessione ne sorge un’altra, altrettanto importante: questa famiglia non ha fatto male a nessuno. Eppure oggi si trova a vivere un trauma che spesso è riservato a chi commette abusi, a chi trascura, a chi manda i figli allo sbando, per strada, esponendoli alla devianza e al reato, a chi elude tasse e regole. A chi delinque. Anzi, in molti notano con sconcerto che un provvedimento così traumatico qual è l’allontanamento dei figli dai genitori, troppo spesso non viene nemmeno applicato neanche a quelle famiglie che hanno comportamenti devianti e abusanti nei confronti dei figli stessi».

Marsilio si sofferma sulle conseguenze emotive della scelta dei giudici: «Togliere i bambini a chi non ha fatto nulla di male è una decisione che pesa, che lascia un segno. E penso al trauma che questi piccoli stanno già vivendo, lontani all’improvviso da un mondo che per loro rappresentava sicurezza, normalità, affetto e unione. Da padre mi sono chiesto più volte che cosa avrei fatto io, come avrei reagito se mi fossi trovato in una condizione simile. Sotto la pressione mediatica, sotto il giudizio sociale, avrei ceduto? Avrei accolto la modernità per proteggere i miei figli dall’allontanamento? Non so darmi una risposta. La verità è che questa vicenda scuote la coscienza di tutti noi, perché tocca il punto più sensibile della nostra esistenza: i figli».

«Una riflessione più ampia su libertà, responsabilità e intervento pubblico»


«Da uomo delle Istituzioni credo che questa storia imponga una riflessione più ampia sul rapporto tra libertà individuali, responsabilità genitoriale e intervento pubblico. È un tema che non può essere affrontato con superficialità o ideologia. Deve essere affrontato con equilibrio, con prudenza e, soprattutto, con umanità. Perché se la legge è il nostro riferimento, la coscienza è ciò che ci ricorda chi siamo».

E aggiunge una domanda che esula dal caso specifico: «E allora mi chiedo, e chiedo a tutti noi: in un Paese libero, possiamo ancora scegliere il nostro destino e quello dei nostri figli, se viviamo nel rispetto della legge e dei nostri valori morali? E fino a che punto chi deve vigilare sul benessere dei minori può ricorrere a strumenti che — agli occhi di qualunque genitore — appaiono dolorosi, estremi, capaci di lasciare ferite profonde? Una domanda che rimane aperta, come la mia lettera, e che merita, oggi più che mai, una riflessione profonda e non giudizi affrettati, non le grida di “vergogna” che troppo spesso sostituiscono il dialogo, ma un impegno comune a migliorare il nostro modo di guardare gli altri, anche quando le loro scelte sono diverse dalle nostre. Serve la capacità di valutare ogni storia per ciò che realmente è, con attenzione, umanità e responsabilità. Solo così potremo essere una comunità giusta, capace di tutelare i più fragili senza smarrire il senso profondo della libertà e della dignità di ciascuno».

«Disponibili a favorire una soluzione»

«Mi auguro che nei successivi gradi di giudizio, in appello, la famiglia possa dimostrare la sua capacità di offrire ai figli un percorso di crescita sano ed equilibrato, ricomponendo il nucleo famigliare, innanzitutto per il bene dei bambini, che sicuramente stanno subendo le conseguenze di questo trauma più di tutti». Marsilio conclude con un’apertura al dialogo: «La Regione, come già sta facendo anche il Comune di Palmoli (che ringrazio per l’impegno in questo senso) è a disposizione per favorire una soluzione positiva, che possa conciliare il rispetto delle regole fondamentali dell’ordinamento con il diritto di scelta e la libertà educativa dei genitori, pronti a mettere a disposizione personale qualificato e risorse, nella volontà di colmare le distanze e restituire serenità a tutta la comunità».

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