«Non tutti possono trovare il loro posto ideale o sbocciare dove vorrebbero», ma «ognuno ha il proprio percorso e la propria natura». Chiara Francini raccoglie applausi nei Giardini di Palazzo d’Avalos.

Intervistata da Alessandra Angelucci dell’Huffington Post, l’attrice e scrittrice spiega che il titolo del libro, Le querce non fanno limoni, «è una frase che mi disse mia madre», dice alla platea di 300 persone dell’ultimo appuntamento che precede l’avvio ufficiale della quarta edizione, dal 3 al 6 luglio, del Vasto d’autore Festival. Significa che «non tutti nascono dove possono fiorire». Si tratta di «una metafora che richiama l’idea di accettare e valorizzare le proprie caratteristiche e peculiarità. Le querce, che sono alberi forti e robusti, rappresentano le persone che hanno una personalità stabile e decisa, mentre i limoni sono frutti che spesso simboleggiano l’irritazione o qualcosa di acido. Può essere per questo interpretata sia in senso positivo, ovvero che ognuno ha il proprio percorso e la propria natura, sia in senso più amaro, riconoscendo che non tutti possono trovare il loro posto ideale o sbocciare dove vorrebbero».
Bellezza e dolore sono i temi ricorrenti di un romanzo storico che abbraccia cinquant’anni d’Italia, dalla Resistenza agli anni di piombo, per «comprendere che il dolore è parte della vita». L’altro è la vergogna, che la protagonista, Delia, affronta respingendola: «La vergogna non è mai soltanto un’esperienza personale, ma un’arma di manipolazione di massa, istituzionalizzata ed usata per controllare gli individui e in particolare le donne. Perché se il senso di colpa ha a che fare con ciò che si fa, la vergogna ha a che fare con ciò che si è. Delia non si è mai vergognata di nulla. Gli uomini vengono educati al successo e alla rivincita e sono abituati a sbatterla fuori soprattutto su noi donne, che conosciamo bene il dolore perché siamo abituate a sanguinare una volta al mese».
Ma importante è essere consapevoli che «una vita felice significa aver combattuto».