«Il giornalismo d’inchiesta deve essere al servizio di chi legge, non fatto per pura vanità»

«C’è spazio e soprattutto c’è bisogno di giornalismo d’investigazione, se vorrete intraprendere questa strada, percorretela fino in fondo, per quanto difficoltosa possa essere». Si è rivolto così agli studenti del liceo classico Vittorio Emanuele II di Lanciano il giornalista de Il Corriere della Sera e scrittore Fabrizio Peronaci nell’incontro in cui ha parlato di storia, attualità, cronaca e giornalismo, attraverso la presentazione del suo libro “Il crimine del secolo” (edizioni Fandango).

Fabrizio Peronaci

Il libro di Peronaci racconta il ferimento di Karol Wojtyla da parte del turco Alì Agca, avvenuto nel 1981 e analizza le numerose connessioni tra l’attentato al Papa e i gialli seguenti, dai casi famosi di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, scomparse nel 1983, a quelli di altri giovanissimi uccisi o morti in circostanze mai chiarite, come Paola Diener, Josè Garramon, Kathy Skerl, Alessia Rosati.

 «È interessante parlarne, soprattutto con gli studenti, per fornire loro un punto di vista alternativo della cronaca che diventa storia e viceversa. – dice Peronaci – Una delle pagine più opache della nostra storia recente, negli altrettanto opachi anni ’80 merita di essere sviscerata fino in fondo. È questo il compito del giornalismo d’inchiesta che, molto spesso, si aggiunge e completa il ruolo più istituzionale della giustizia».

L’inchiesta di Peronaci, infatti, fornisce per la prima volta un quadro di riferimento politico, istituzionale e spionistico tale da spiegare l’evento primario e le sue tragiche conseguenze nella vita di alcune sfortunate famiglie. Nel testo, le connessioni sfuggite per decenni anche alla magistratura, diventano evidenti grazie al riesame di numerose prove, alla visuale storica utilizzata e a una meticolosa rilettura dei fatti, che finalmente consente di discernere tra piste fondate e palesi depistaggi.

«Sì, ci sono delle implicazioni pericolose in questo mestiere, – racconta il giornalista – ma il segreto è restare trasparenti nel proprio lavoro e soprattutto nel rapporto coi lettori. E parte proprio da qui la mia passione, fin da ragazzino per il giornalismo: ricercare la verità attraverso il racconto di quello che è il nostro tempo, essendo sempre dentro ai fatti, prima degli altri. Non si può fare giornalismo d’inchiesta per pura vanità personale, è necessario ricordare che si è sempre al servizio di chi legge, questo deve essere l’unico fine».

L’incontro è stato organizzato dalla scuola in collaborazione con l’associazione “Uomo, patrimonio da salvare”, della professoressa Cristiana Antonelli e della criminologa Alessandra Di Labio e moderato dalla giornalista Francesca Piccioli.

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