«I fucili non risolvono il problema», il WWF chiede al Comune di non abbattere i cinghiali

Il WWF Abruzzo chiede al Comune di fermare le carabine a Punta Aderci. Dopo gli abbattimenti a San Salvo Marina, all’interno del giardino costiero [LEGGI], si passa alle due riserve vastesi tra le quali, appunto, Punta Aderci dove va reso operativo il Piano di gestione del cinghiale, già contestato in passato. L’associazione ambientalista aveva presentato osservazioni al Piano e alla Vinca sia in Regione che in Comune.

Oggi, il WWF ribadisce la contrarietà agli abbattimenti con la delegata abruzzese Filomena Ricci: «Li riteniamo inutili a risolvere le problematiche generate dalla presenza dei cinghiali nel territorio vastese, oltre che impattante all’interno dell’area protetta. Avevamo chiesto al Comune di Vasto di attuare misure preventive per limitare i danni all’agricoltura quali l’apposizione di recinti elettrificati o di dissuasori visivi e sonori (questi ultimi utili anche per ridurre il rischio da impatto con le auto) e di bonificare i rifiuti, che sono un grande attrattore per i cinghiali, nelle aree limitrofe agli agglomerati urbani anche immaginando diverse modalità di conferimento per gli utenti. Purtroppo, constatiamo che ancora una volta si ricorre alla spesso inutile scappatoia dei fucili invece di risolvere il problema in modo più sistematico e definivo. Rinnoviamo l’invito agli amministratori del Comune di Vasto ad abbandonare l’idea di sparare ai cinghiali nella Riserva di Punta Aderci e trovino soluzioni alternative».

Foto di repertorio

Sotto la lente del WWF ci sono anche i censimenti e le conclusioni del Piano riguardo ai quali l’associazione ha sottolineato come non si possa parlare di “squilibrio ecologico” in riserve dall’estensione molto limitata: «Le popolazioni di cinghiali hanno areali di presenza ben più ampi e dunque è poco sensato un intervento all’interno delle stesse. Da quanto emerge dal Piano stesso, inoltre, sono state effettuate solo tre giornate di monitoraggio tutte concentrate nella stagione primaverile: in questo modo si ottengono dati insufficienti e fuorvianti per descrivere una popolazione e di conseguenza prevedere scelte gestionali».

Un cinghiale a Vasto

Nella scelta delle azioni che si mettono in campo per la gestione del cinghiale a Vasto, inoltre, «non si fa riferimento all’ampio corpus di pubblicazioni scientifiche che evidenziano come la caccia e anche il cosiddetto selecontrollo, intervenendo sulle dinamiche ecologiche e di popolazione della specie (ad esempio rapporto numerico tra le classi di età e di sesso, tendenza alla dispersione ecc.), possano portare a risultati opposti rispetto alle intenzioni. Questo, del resto, dovrebbe essere evidente anche nel territorio abruzzese dove la reiterata scelta, perseguita ormai da decenni, di privilegiare le armi da fuoco quale tecnica di contenimento delle popolazioni di cinghiale non ha portato alcun apprezzabile risultato rispetto alle attese».

Foto di repertorio

Poi, l’alternativa delle catture che in passato aveva portato a rimuovere 27 esemplari e che, sempre secondo l’associazione, non è stata nuovamente adottata per una questione di costi: «La scarsità di fondi per le piccole aree protette abruzzesi è un problema reale, ma è indubbio che la collocazione delle risorse che arrivano nella nostra Regione, anche da canali di finanziamento europei, sia una scelta di programmazione politica che troppo spesso dimentica la gestione della fauna e preclude l’attuazione e la sperimentazione di piani di prevenzione dei danni».

Infine, la sicurezza anche per le persone che frequentano la zona: «Le carabine più frequentemente usate per il cinghiale hanno un tiro utile di 900 metri e una gittata che può arrivare anche a 4 km. Questo implica che, da qualsiasi posto si spari, all’interno della Riserva non esiste un punto che non possa essere raggiunto da un proiettile. Trattandosi di un’area protetta, si ritiene estremamente inopportuno effettuare controlli faunistici con armi da fuoco anche perché le persone che scelgono di passare del tempo nella Riserva, lo fanno per immergersi nella natura e nella bellezza del paesaggio, non certo per rischiare di essere colpiti da chi spara a chilometri di distanza».

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Comments 1

  1. un benefattore says:

    Bisogna contestualizzare il problema, non schivarlo. Qui in Abruzzo non abbiamo dati ufficiali di quali siano i danni creati da questi animali. Laddove vi sono strutture in grado di monitorare, aggregare e analizzare dati, mettere in campo soluzioni valutarne la bontà e migliorare al “turno” successivo … il danno si minimizza.
    Qui spopolano assicurazioni contro “incontri selvatici” per le auto (utili fino a che punto?), spopolano associazioni di ogni genere che il problema lo schivano, come il WWF che, tanto di cappello, dovrebbe calarsi poco di più in chi i danni li subisce. www punto boarbuster punto com. unica via secondo la mia modesta opinione.

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