«La legge è la legge, ma la cittadinanza la porto qua nel cuore: la legge del sangue, è questa che vale». Sono le parole di Antonio Berardi nella sua visita a Fraine nel 2022 – in occasione della festa della Mater Domini – e che oggi risuonano profetiche. Nell’intervista a Chiaro Quotidiano (che riproponiamo in fondo all’articolo) esprimeva due sentimenti contrastanti: la gioia per aver coronato, a 96 anni, il sogno di tornare con le figlie (Maria Elena, Ana Beatriz Petronilla, Lidia Ines, Maria Gabriela e Lucía) e tutta la numerosa famiglia nel suo paese natale (è proprio il caso di dirlo, visto che qui nacque il 25 dicembre del 1925) lasciato all’età di 5 anni per l’Argentina e il rammarico di non essere riuscito a esaudire il desiderio di riacquistare la cittadinanza italiana.
Una storia di emigrazione
Quella della famiglia Berardi è una storia di emigrazione comune a tantissimi italiani che a cavallo tra la fine dell’800 e i primi decenni del ’900 partirono alla ricerca di migliori condizioni di vita. Antonio nacque a Fraine nel Natale del 1925 da Petronilla Lalla e Giuseppe Berardi, originario di Guilmi. Fu Giuseppe il primo a lasciare Fraine per Buenos Aires, lì preparò le condizioni ottimali per il resto della famiglia che arrivò qualche tempo dopo.
Nonostante la tenera età, Antonio non ha mai dimenticato gli ultimi giorni nella sua Fraine e lo struggente saluto del nonno, Emilio Lalla, che gli disse, a ridosso della partenza per il porto di Napoli, «Questo è l’addio definitivo». Ricordi ancora così vivi che suscitavano in lui ancora tanta commozione. Al nonno Emilio, Antonio ha dedicato anche una poesia, Carissimo nonno. Nel Paese del Sudamerica, il frainese ha studiato diventando un apprezzato ingegnere agrario e ha ricoperto anche la carica di direttore dell’Instituto Nacional de Tecnología Agropecuaria di San Pedro). Grazie a una borsa di studio, a 40 anni riuscì per la prima volta a tornare in Italia.
L’arrivo in Argentina, nel giugno del 1930, è immortalato in uno stupendo scatto:
Sogni tramandati
Antonio, purtroppo, non ha potuto festeggiare la riconquista della cittadinanza italiana, è venuto a mancare in Argentina il 27 gennaio del 2023, circondato dall’affetto dei suoi cari ai quali ha lasciato in eredità quell’obiettivo inseguito per una vita, così come lui aveva ereditato dai genitori il sogno di tornare un giorno a Fraine. E anche nel suo ricordo, quindi, che le figlie con i rispettivi discendenti alla fine del 2023 hanno depositato un ricorso contro il ministero dell’Interno per vedersi riconosciuto lo status di cittadini italiani.
Antonio così raccontava i suoi tentativi a vuoto: «La cittadinanza l’ho perduta perché per lavorare era necessario avere quella argentina, ma io non ho mai rinunciato a quella italiana. Abbiamo fatto molti tentativi per riacquistarla ma non è possibile».
Qualche giorno fa il tribunale dell’Aquila (Sezione specializzata in materia d’immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Ue) ha accolto il ricorso dei discendenti di Antonio Berardi imponendo al ministero dell’Interno e all’ufficiale dello stato civile competente di «procedere alle iscrizioni, trascrizioni e annotazioni di legge, nei registri dello stato civile, della cittadinanza delle persone indicate».
Questione di sangue
Nella sentenza della giudice Maura Manzi si ricostruiscono la linea diretta della discendenza e i principi secondo i quali si può ottenere la doppia cittadinanza: «il figlio naturale di un cittadino italiano residente all’estero non perde la cittadinanza italiana per il solo fatto che lo Stato in cui esso è nato gli abbia attribuito (iure soli) la propria cittadinanza, con la conseguenza per la quale il cittadino straniero può cumulare in capo a sé la doppia cittadinanza, quella del Paese straniero in cui è nato (cittadinanza iure soli) e quella italiana (cittadinanza iure sanguinis).
Discorso simile per figli e nipoti che hanno presentato ricorso provando che il proprio avo non si è mai naturalizzato trasmettendo loro, quindi, lo status di cittadino italiano. Inoltre, è stato dimostrato «che i primi nati in Argentina hanno acquisito la cittadinanza argentina non sulla base di un proprio atto volontario, ma del mero fatto storico di essere nate in Argentina (ius soli). Infine, non è emerso che gli ascendenti dei ricorrenti abbiano rinunciato alla cittadinanza italiana».
«Missione compiuta Tonino!»
È grande la felicità per i tredici discendenti (figli, nipoti e pronipoti) che da qualche giorno sono a tutti gli effetti cittadini italiani e che presto sperano di tornare in visita non solo a Fraine, ma anche a Guilmi, paese d’origine di nonno Giuseppe. Il primo pensiero dopo il riconoscimento dello status di italiani è andato naturalmente ad Antonio e i nipoti hanno lasciato un mazzo di fiori con dedica tricolore accanto alla sua lapide.
In particolare, è forte l’emozione per le figlie che hanno vissuto da vicino il rammarico e la tristezza dei propri avi lontani dalla propria terra, così come traspare dalle parole di Lilí (Lidia): «Quando ero bambina sentivo mia nonna Petronila piangere perché non avrebbe mai più potuto stare con la sua famiglia. È venuta con mio papà, è andata a dorso d’asino da Fraine al porto di Napoli. Mio padre piangeva, aveva cinque anni. Mio nonno José Berardi li aspettò qui e poté mandare mio padre a studiare. Questo significa avere “sangue italiano” e non arrendersi mai! Papà è morto a 97 anni e ha sempre detto che il sangue comanda. Sono felice e dico: missione compiuta Tonino, tanto sangue italiano scorre nelle vene delle tue figlie, dei tuoi nipoti e pronipoti e abbiamo potuto vedere la tua casa natale. So che dal cielo sventola la bandiera del suo Paese!».