Droga destinata alla costa abruzzese, 31 indagati tra la Puglia e le province di Chieti e Teramo

Un’organizzazione criminale finalizzata a rifornire di droga la costa abruzzese e le province settentrionali della Puglia. Sono convinti di averla sgominata i magistrati della procura e i finanzieri del Comando provinciale di Bari al termine di un’inchiesta culminata coi blitz scattati alle prime luci dell’alba nelle province di Bari, Barletta-Andria-Trani, Foggia, Chieti e Teramo per notificare provvedimenti restrittivi a 31 persone (15 in carcere, 14 agli arresti domiciliari e due obblighi di dimora) e sequestrare beni mobili e immobili per oltre due milioni di euro. Sono indagate a vario titolo, per le ipotesi di reato di associazione finalizzata a traffico, produzione e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope.

Il denaro sequestrato

L’operazione è condotta dai finanzieri del Comando provinciale di Bari e del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata, con il supporto del Reparto oerativo aeronavale e del Comando provinciale di Foggia al termine di una lunga indagine condotta insieme al Gico (gruppo investigazione criminalità organizzata) del Nucleo di polizia finanziaria di Bari. Un’inchiesta «che ha consentito di disvelare l’esistenza di un gruppo criminale con sede operativa nella provincia di Foggia e propaggini in quelle di Bari e BAT. Numerosi i riscontri operativi effettuati nel corso delle investigazioni che hanno permesso di sottoporre a sequestro circa 150 kg di hashish e 200 mila euro in contanti, nonché di procedere a diversi arresti in flagranza di reato», si legge in un comunicato della procura del capoluogo pugliese.

I panetti di hashish sequestrati

«Pertanto – secondo l’impostazione accusatoria accolta dal gop del tribunale barese (allo stato, fatta salva la valutazione nelle fasi successive con il contributo della difesa) – gli accertamenti svolti avrebbero consentito di dimostrare come l’associazione fosse connotata da un’elevata capacità organizzativa e dotata di una rilevante disponibilità di mezzi finanziari e strumentali, disponendo di una “cassa comune” e di una vera e propria “contabilità d’esercizio”. In particolare, l’organizzazione avrebbe: rifornito di sostanze stupefacenti, in maniera sistematica e capillare, mediante l’utilizzo di automezzi dotati di doppi fondi, diverse piazze delle province di Foggia, Bari e Barletta-Andria-Trani, nonché le zone costiere dell’Abruzzo, anche in virtù della fama criminale derivante dall’appartenenza di uno dei principali indagati a un noto clan operante nel territorio dauno; adoperato strumenti di comunicazione criptati e a “circuito chiuso”, mimetizzando le attività illecite in strutture adibite ad attività commerciali; utilizzato nelle conversazioni un linguaggio allusivo, che convenzionalmente definiva la droga con termini quali “1p” per indicare il panetto di 100 grammi oppure semplicemente “una” con riferimento a una cassa da circa 30 Kg, mentre il denaro veniva individuato con la parola “documenti”; garantito l’assistenza legale e il mantenimento dei sodali arrestati. Al riguardo, si sottolinea la capacità di riorganizzazione degli indagati, pur a fronte di plurimi interventi repressivi delle forze dell’ordine», spiega la nota della procura.

Sequestro preventivo «per sproporzione»: così gli inquirenti definiscono i provvedimenti di natura patrimoniale «finalizzati all’individuazione di forme di “arricchimento” non giustificate da fonti reddituali lecite». Tra i beni sequestrati, «28 terreni agricoli, 7 appartamenti, nonché 900mila euro in contanti, polizze vita, saldi attivi dei conti correnti e 2 automobili».

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