Tavares, «Con case cinesi scelte impopolari». Urso replica: «Stellantis produca 1 milione di veicoli»

Secco botta e risposta tra l’ad di Stellantis, Carlos Tavares, e il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso sulla produzione di veicoli in Italia. Il numero uno del gruppo, ieri, dopo l’inaugurazione a Torino dell’eDCT Assembly Plant, all’interno del Mirafiori Automotive Park 2030, ha ribadito il concetto già espresso in occasione della visita in Val di Sangro quando, commentando l’ipotesi avanzata dal Governo di avere altri produttori di auto in Italia, disse: «Siamo pronti alla competizione, ma non conosciamo le conseguenze se sarà troppo dura» [LEGGI].

Urso e Tavares in un incontro del 2023

Ieri, ha rincarato la dose: «Siamo in grado di tenere testa ai competitor cinesi, se qualcuno li vuole introdurre sarà responsabile delle decisioni impopolari che dovranno essere prese» riferendosi alle intenzioni citate da Urso di un probabile secondo produttore dalla Cina. Secondo altre voci di corridoio, potrebbe arrivare la Tesla: entrambe sono ritenute gravi minacce a causa delle quali, sempre secondo Tavares, Stellantis potrebbe non essere «in grado di garantire l’obiettivo di un 1 milione di veicoli e, se perderemo quote di mercato, avremo bisogno di meno stabilimenti». La considerazione del ceo è fatta in considerazione del netto minor costo di produzione sostenuto dai produttori cinesi (circa il 30%).

Stamattina Urso ha replicato: «Noi stiamo lavorando per mettere in condizione Stellantis di produrre almeno un milione di veicoli nel nostro Paese. Per sostenere il sistema dell’indotto è assolutamente necessario arrivare a 1,4 milioni di veicoli. Se Stellantis ritiene di poterlo fare ben venga, altrimenti è inevitabile che ci sarà spazio per un’altra o più altre case automobilistiche. Siamo un libero mercato e possiamo e dobbiamo incentivare investimenti italiani o esteri ovviamente nelle regole del libero mercato e su questo ci stiamo confrontando con chi ritiene di costruire stabilimenti produttivi in Europa».

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