Un’analisi storica del professor Luigi Murolo sull’area dei gessi, un patrimonio culturale e naturalistico inestimabile del Vastese. Sabato l’inaugurazione del Sentiero dei Gessi [LEGGI].
Che cosa sia una parete collinare di gesso e che cosa, in passato, avesse potuto suscitare nell’ “outillage” mentale degli abitanti, lo apprendiamo da una fiaba popolare raccolta da Domenico Ciampoli, da lui pubblicata nel 1880 dal titolo «La rupe della Zita». Ambientata in quel di Gissi, nel “cinerognolo” dei suoi gessi, il racconto ha questo inizio:
«Gissi si stende sul culmine d’un colle erto, cenerognolo, scheggiato specialmente dalla parte che guarda tramontana. Da questa parte l’altura sì taglia a precipizio, ed una profonda, angusta vallata si stende buia buia laggiù. Chi passa lungo il sentiero che costeggia quell’orrido dirupo, sente drizzarsi i capelli».
I vecchi gissani di un secolo e mezzo fa parlavano di una roccia sedimentaria il cui culmine era costituito da un pianoro. Nulla da dividere, dunque, con una «coccetta», vale a dire, con una sommità collinare come quella su cui poggia la parrocchiale di Fesagrandinaria dedicata al Salvatore.
Ecco, dunque, due diverse modalità di vivere antropicamente e antropologicamente il minerale evaporitico. Da un lato, l’abisso, la catabasi, l’inferno della terrorifica profondità; dall’altro, l’ascesa e la libertà del “guardar” l’orizzonte. Insomma, due diversi atteggiamenti storico-culturali maturati nella relazione con la realtà geomorfologica (a titolo puramente informativo segnalo la raccolta di calchi in gesso per la realizzazione degli antichi sigilli conservata presso il Museo Storico-Etnografico di Gissi senza dimenticare la documentazione ergologica del gesso).
Quasi non bastasse, lo stesso uso del suolo si è manifestato in modo differente, anche se in entrambi i casi storicamente giocato sull’acqua. Su Gissi, ad esempio, torna utile ricordare il turismo termale sottolineando i due dati conosciuti sulle presenze registrate nel tempo: nel 1868, 400 unità; nel 1952, 5000 (cinquemila). [cfr. P. Battilani, “Vacanze di pochi, vacanze per tutti”, Bologna, il Mulino, 2009, p. 228]. Su Fresagrandinaria e sui comuni del medio e basso corso del Trigno, non ci si può esimere dal dar conto della ignoratissima coltivazione del riso nelle varietà del “secco cinese” e del “paglioso” oltre che dell’ancor più ignorato commercio dello stesso con i paesi dell’Adriatico orientale documentato negli atti notarili del tardo cinquecento prodotti dal notaio vastese Berto de Bertolinis, oggi conservati nell’Archivio di Stato di Chieti.
Come si può notare da tali rapidissime informazioni, l’area dei gessi nel Vastese e di ciò che in essa matura costituisce un aspetto significativo e del tutto sconosciuto della storia dei luoghi. Le polarità di Gissi e Fresagrandinaria mostrano in modo immediato e sintetico la diversa antropologia culturale oltre che alla diversa utilizzazione del suolo espressa da queste comunità. Ma se ad essa sottraiamo tutta la straordinaria qualità naturalistica dell’area SIC IT7140127 del Medio e Basso corso del Trigno (di cui fanno parte i comuni di Tufillo, Dogliola, Fresa, Lentella, Cupello, S.Salvo), eliminiamo il cuore di tutta l’area dei gessi. Invito a leggere la guida naturalistica dal titolo «Sulle sponde del Trigno» pubblicata nel 2018 (disponibile anche sul web) per rendersi conto dell’importanza di ciò di cui stiamo parlando.
In ogni caso, ciò che intendo segnalare in questa sede è l’iniziativa che si svolgerà sabato 13 aprile nel sito SIC IT7140126 “Gessi di Lentella” per l’inaugurazione del “Sentiero dei Gessi Dogliola-Lentella” e per la presentazione dello “Studio di fattibilità per l’istituzione della Riserva Naturale Gessi dei Monti Frentani” che si terrà a Fresagrandinaria nel pomeriggio (il programma è indicato nella locandina). Qualcosa di realmente importante su cui discutere. Dunque, un mio invito alla partecipazione.