Un’unica Zona Economica Speciale per tutto il Sud. È quanto previsto dal decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri di ieri “Disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione e per il rilancio dell’economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese”. Non più otto, ma un’unica Zes che «avrà tra i vantaggi l’estensione dello speciale credito d’imposta a tutto il Mezzogiorno», nelle parole del ministro per le Politiche europee, il Sud e il Pnrr Raffaele Fitto.
La Zes unica
Con il decreto, dal primo gennaio 2024, un’unica Zes comprendente l’intera area del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna) sostituirà le attuali 8 Zone economiche speciali (Abruzzo, Adriatica Interregionale Puglia-Molise, Campania, Ionica Interregionale Puglia-Basilicata, Calabria, Sicilia orientale, Sicilia occidentale, Sardegna). Nel decreto si legge che «la precedente organizzazione delle Zes, limitate alle aree retroportuali del Sud, non ha consentito di raggiungere appieno gli obiettivi posti alla base dell’introduzione nel nostro ordinamento di tale strumento, ovvero la necessità di attrarre investimenti nelle aree del Mezzogiorno maggiormente connesse ai flussi commerciali internazionali».
Prevista inoltre una nuova governance: «Si istituisce, presso la presidenza del Consiglio dei ministri, una Struttura di missione per la Zes Unica, a supporto del nuovo modello organizzativo della Zes, con funzione, tra le altre cose, di rilascio dell’autorizzazione unica necessaria per l’attuazione dei progetti nella Zes Unica, precedentemente di pertinenza dei Commissari straordinari per le Zes, ai quali, con il presente decreto, la Struttura di missione si sostituisce. Sotto il profilo delle agevolazioni fiscali rivolte alle imprese, viene introdotto uno specifico credito di imposta da concedere alle imprese che effettuano l’acquisizione dei beni strumentali nuovi nell’ambito della Zes Unica».
«Credo che la Zes unica sia una grande vittoria ed opportunità, vuol dire che il Sud può competere ad armi pari con tutti, con il resto della nazione ed essere maggiormente in linea con il resto del Paese», il commento del presidente del consiglio Giorgia Meloni.
Gli altri punti del decreto
L’unificazione delle Zes rappresenta una delle principali norme del decreto insieme allo stanziamento di 45 milioni di euro per la realizzazione di infrastrutture viarie e di opere di urbanizzazione primaria, impianti di depurazione, deposito di carburante e nuovi edifici pubblici. La norma, oltre a stanziare le risorse assicura al comune di Lampedusa il supporto tecnico operativo di Invitalia per accelerare la realizzazione degli interventi previsti.
Le altre norme:
Riordino della programmazione e gestione del fondo sviluppo e coesione: al fine di consentirne un più efficace e razionale utilizzo delle risorse dedicate alle politiche di coesione, il testo prevede il rafforzamento del coordinamento tra le risorse europee e nazionali per la coesione, le risorse del Pnrr e le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per la programmazione 2021-2027. In particolare, si definisce un percorso di programmazione condivisa tra Regioni e Governo che assicura l’unitarietà strategica degli interventi ed il pieno rispetto delle finalità dei fondi, connesse alla riduzione dei divari territoriali. Il decreto istituisce il portale web unico nazionale per la trasparenza delle politiche di coesione OpenCoesione, con l’obiettivo di sostenere la trasparenza e garantire a tutti i cittadini l’accesso ai dati relativi alla programmazione e attuazione degli interventi finanziati dalle politiche di coesione.
Aree interne: il decreto innova la Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne, che oggi riguarda solamente 1.824 comuni abitati da circa quattro milioni di cittadini rispetto ai 4.000 comuni dove risiedono circa 14 milioni di persone.
Rafforzamento della capacità amministrativa in materia di politiche di coesione: si prevede l’assunzione a tempo indeterminato di 2.200 persone, di cui 71 risorse previste a livello centrale, 250 per le Regioni e 1.879 per i Comuni con l’obiettivo di rafforzare la capacità amministrativa per l’attuazione delle politiche di coesione. «L’obiettivo – si legge – è quello di evitare che il nuovo ciclo di programmazione sperimenti le medesime difficoltà che hanno determinato gli storici ritardi che caratterizzano il nostro Paese nell’impiego delle risorse destinate alle politiche di coesione».