Un Giovanni Falcone inedito, lo spettacolo del regista milanese Dario Leone è nato a Punta Penna

Raccontare non solo il magistrato, ma anche e soprattutto l’uomo. Con la sua allegria, l’ironia che non è mai mancata, neanche nei momenti più difficili di un’esistenza ad alto rischio, trascorsa a combattere la mafia e spezzata per mano di Cosa nostra. Un Giovanni Falcone quasi inedito, quello raccontato da Dario Leone, regista e interprete di Bum ha i piedi bruciati, il monologo che domani sera, domenica 28 maggio, andrà in scena alle 21 nel teatro Madonna dell’Asilo su iniziativa di Grido Cine Teatro.

Dario Leone

Dario Leone, perché ha scelto di raccontare Giovanni Falcone e di raccontarlo al di là della sua vita professionale, su cui è stato detto, scritto e filmato tanto?

«Nasce dall’esigenza di raccontare una storia che fa parte di me. Avevo dieci anni, quella è stata la prima volta che ho visto un telegiornale e ho capito che parlava anche a me, che bisognava scegliere da che parte stare. La mia famiglia è di origini meridionali, metà pugliese, metà calabrese. Giovanni Falcone rappresentava il riscatto dei meridionali. Quel giorno in cui i tg diedero la notizia della sua morte, in casa c’era un silenzio pesantissimo».

Quali fonti le hanno consentito di ricostruire il profilo umano di Falcone?

«È frutto di un anno e mezzo di lavoro. I primi sei mesi sono stati di studio. Li ho trascorsi tra libri, giornali, video televisivi, radio e la raccolta di tutti gli interventi che Falcone tenne nelle università. Spesso leggevo a Punta Penna, sulla spiaggia: questo lavoro in parte è nato a Vasto, dove torno spesso perché la mia famiglia ha la casa al mare. La figura di Giovanni Falcone mi ha colpito: era una persona molto allegra, divertente, ironica, unico modo per vivere quel tipo di vita. Tanti anni fa, per puro caso, lessi un romanzo per ragazzi scritto da Luigi Garlando per raccontare Falcone. Quella è stata la base su cui scrivere lo spettacolo per gli adulti, che sta suscitando molto interesse anche nelle scuole. Dopo averlo scritto, ho mandato tutto a Maria Falcone, la sorella del magistrato. Le è piaciuto e così ci ha concesso il patrocinio della Fondazione Falcone».

Spesso si dice che gli italiani abbiamo la memoria corta. Vale anche per il ricordo di Giovanni Falcone?

«Siamo alla quinta stagione in sette anni, ci siamo fermati solo nel biennio della pandemia, in tutto 120 repliche in Italia, ma soprattutto all’estero, dove lo spettacolo, recitato in italiano, è destinato alle comunità italiane. Per i giovani è una storia nuova, perché loro non erano nati nel 1992. Tra gli adulti vediamo tante persone che si stupiscono perché si divertono. La memoria c’è, spesso è sopita, nascosta sotto gli strati dei mille pensieri di tutti i giorni. Noi le diamo una spolverata».

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *