«Non voglio che le mafie si prendano il mio futuro», Ciro Corona incontra gli studenti del Classico

Dopo il recente incontro con la giornalista d’inchiesta Federica Angeli, quella di oggi, mercoledì 22 marzo è stata un’altra mattina importante per gli studenti del liceo classico “Vittorio Emanuele II” che hanno ospitato nella loro aula magna Ciro Corona– Il 43enne partenopeo è da anni impegnato come operatore sociale ed educatore di strada a Scampia, dove tra le famigerate Vele è cresciuto combattendo le mafie e la camorra che come un parassita ha infestato uno dei quartieri popolari più problematici e tristemente conosciuti del capoluogo partenopeo. Una storia la sua di lotta e di riscatto che lo ha portato a fondare nel 2008 l’associazione (R)esistenza anticamorra (di cui è presidente) e, nel 2012, della Cooperativa sociale (R)esistenza. Un faro di legalità per tantissime persone che nel suo progetto hanno visto e vedono un futuro diverso, lontano dalle mire e dalle violenze delle cosche camorriste della zona.

«Sbagliamo nel pensare – ha esordito Corona nel suo intervento – che la mafia e la camorra non ci riguardino da vicino e che non ci tocchino nel quotidiano perchè basta pensare ad un semplice spinello per capire come le infiltrazioni di queste associazioni a delinquere siano radicate ormai ovunque. Dopo la stragi del 1992 e le morti di Falcone e Borsellino abbiamo “aggiornato” il nostro concetto di mafia, ad un qualcosa che si sviluppa e prolifera dove girano i soldi, eppure a Scampia nella famose Vele dove sono cresciuto, i soldi non c’erano ma nonostante ciò, in breve tempo, un infelice caso di edilizia popolare derivato dalla legge 167, è diventata una roccaforte dello spaccio di droga». Un’infanzia non facile quella di Corona cresciuta nel degrado, dove anche per rientrare a casa bisognava chiedere il permesso al pusher di turno e dove il piccolo Ciro, dalla finestra del suo appartamento al piano terra, si divertiva nello schiaffeggiare le file di tossicodipendenti che facevano, inebetiti dalla droga, lunghe file sotto il suo balcone.

Un caso particolare quello di Scampia dove in palazzoni di tredici, quindici piani erano stipate fino a 6omila persone: un grigio quartiere verticale dove non esistevano scuole, librerie, biblioteche, teatri nè tantomeno presidi di sicurezza delle Forze dell’Ordine. «In breve tempo – ha raccontato Corona – i proprietari di queste case sono stati costretti ad andarsene ed a vendere agli affiliati del clan Di Lauro che per più di quarant’anni hanno dominato la zona, un luogo dove i ragazzini al posto di andare a scuola, venivano pagati profumatamente per fare le vedette nelle piazze di spaccio e dove la stessa Polizia per anni ha incassato laute mazzette, pur di chiudere gli occhi su quello che accadeva».

Una situazione difficile, resa ancora più pesante dalla faida interna tra i Di Lauro e i cosiddetti “scissionisti” che insanguinò Scampia e la Campania dal 2004 al 2008, «Sono stati anni duri – ricorda Ciro Corona – ci furono più di 300 morti, la gente aveva paura di uscire di casa con i cecchini della camorra appostati sui balconi, il passaggio continuo di elicotteri ed i blitz delle Forze dell’Ordine. Vigeva una sorta di regime del terrore con vendette trasversali e sommarie che costarono la vita a tanti innocenti tra cui Gelsomina Verde». Gelsomina Verde era una ragazza normale come tante, del tutto estranea agli ambienti malavitosi con l’unica “colpa” di essere stata fidanzata con un membro degli scissionisti. Colpa per cui venne rapita, torturata, uccisa e poi data alla fiamme dagli affiliati alla cosca.

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Ma la storia di Ciro Corona non è fatta solo di morte, violenza e terrore, ma anche soprattutto di risveglio morale, di coscienza sociale e dalla voglia di lottare per costruire un futuro diverso senza mafie, «Dal 2008 noi abitanti del quartiere abbiamo deciso di dire basta con la nascita dell’associazione (R)esistenza anticamorra che è stata la prima delle oltre 120 che esistono ora, un progetto ed una visione che attraverso l’esperienza di un laboratorio sociale fondato su scuola, lavoro e sport ha ridato vita e speranza ad una comunità, riportando i ragazzini nel solco delle legalità e dimostrando che la malavita non è l’unica soluzione e che si può vincere». Con la sua associazione Corona ha recuperato un vecchio edificio scolastico abbandonata ed utilizzando dalle cosche, dandogli nuova vita, «Abbiamo raccolto 45 bidoni di siringhe e riempito 12 camion della spazzatura, abbiamo spalato fango, vomito, escrementi, trasformando un ricovero per tossicodipendenti in un centro polifunzionale con 9 realtà e 14 tipologie di servizi offerti, senza soldi pubblici».

In questa proprietà Corona ed i membri della sua associazione organizzano corsi, campi estivi, appuntamento parrocchiali e con gli scout, dando vita e vere “officine culturali” con un’aula multimediale, una biblioteche e la fattoria didattica. « In questi anni non sono mancate le minacce e le ritorsioni da parte delle famiglie malavitose e cui la nostra stessa presenza ha finito per togliere potere, beni e prestigio, ma non ci fermiamo ed anzi intendiamo continuare con la nostra opera e nel nostro percorso. In questi anni – ha affermato congedandosi dagli studenti – ho incontrato tante persone, ma quando un giorno venne da noi il figlio di un camorrista, rimasi colpito dalle sue parole, “La camorra si è portata via mio padre e mio zio…non voglio che si porti via anche il mio futuro”».

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