È un Tribunale in grado di smaltire i processi penali pendenti in tempi inferiori alle medie nazionali, quello che Bruno Giangiacomo lascia oggi. Prima di trasferirsi alla Procura generale della Corte d’appello di Roma, dove svolgerà al funzione di sostituto procuratore, il presidente del Tribunale di Vasto saluta magistrati, avvocati, personale amministrativo, forze dell’ordine e autorità locali nella stessa Aula dell’Impegno solenne in cui, otto anni fa, era iniziato il suo incarico dirigenziale.
Ricorda il giorno dell’insediamento: «Quel 29 gennaio 2015 dissi: non è un uomo solo al comando che può reggere un Tribunale. Ci vogliono i magistrati, il personale amministrativo e gli avvocati». Ricorda anche la fase peggiore della pandemia, quella del lockdown e delle restrizioni «un periodo che ha messo a dura prova la mia capacità psicofisica, non a causa della pandemia, ma per i problemi da affrontare». Paragona i dati generali e locali di durata dei processi: «Nel penale la media nazionale è di 387 giorni, nel Tribunale di Vasto leggermente meno, 376 giorni. Nel civile 330 giorni la media nazionale, 339 a Vasto, si può migliorare ma, comunque, tempi accettabili». Non solo quantità, ma anche complessità dei procedimenti penali: «Non immaginavo di venire a Vasto e trovare processi del genere, con 60 imputati. Qui si è svolto l’unico processo per 416 bis (il reato di associazione mafiosa, n.d.r.) in un circondario di 110mila abitanti. Ed è stato il primo in Abruzzo. Inoltre, a Vasto si celebrano due processi scaturiti dalle indagini della Direzione distrettuale antimafia». Secondo Giangiacomo, che è vastese, il Tribunale non chiuderà: «C’è una chiara volontà politica», sottolinea. «La mia opinione è che si dovrebbero accorpare i Tribunali di Vasto e Lanciano per evitare una promiscuità di funzioni».
Parole di stima, quelle pronunciate nei suoi confonti dal procuratore, Giampiero Di Florio, anche lui in scadenza di mandato dopo otto anni e, di conseguenza, prossimo al trasferimento: «Sei stato un punto di riferimento per tutti noi. Io e te abiamo trovato uffici poco considerati di cui ci siamo fatti carico. Ti ringrazio per quello che hai dato» e poi prevede: «Sentiremo davvero la tua assenza in questo ufficio».
Il sindaco, Francesco Menna, fa leva sulla fede calcistica bianconera di Giangiacomo e Di Florio per paragonarli a due campioni juventini del passato: «Speriamo che il Tribunale e la città possano avere un Platini e un Paolo Rossi che possano continuare a difenderci. Se non ci fossero stati il presidente Giangiacomo e il procuratore Di Florio ad accompagnarci a Roma, non avremmo avuto i fondi per la ristrutturazione del palazzo di giustizia».
Vittorio Melone, delegato nazionale della Cassa forense (l’istituto di previdenza degli avvocati), racconta di «otto anni nei quali abbiamo lavorato molto. Ci siamo sentiti molto e anche a mezzanotte» perché «l’attività giudiziaria funzionasse». Con Giangiacomo «una piccola realtà come la nostra ha potuto respirare un’atmosfera nazionale».
«Porteremo un dolce ricordo di un uomo sensibile e attento», dice Maria Sichetti, presidente dell’Ordine forense, leggendo un messaggio a nome di tutti gli avvocati del Foro vastese.
«Quando lei è arrivato – ricorda Maria Lazetera, direttrice amministrativa – ci ha sorpreso perché, per la prima volta, ci siamo trovati a essere considerati un soggetto dell’amministrazione della giustizia» e questo ha stimolato «un orgoglio di appartenenza». La carenza di personale amministrativo è tra i principali problemi del palazzo di giustizia di via Bachelet, dove un nuovo presidente non arriverà prima della fine del 2023. Meno di 11 mesi per conoscere il destino del Tribunale. La proroga scadrà il 31 dicembre. Per salvare le sedi giudiziarie di Vasto, Lanciano, Avezzano e Sulmona il tempo stringe.
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