Gli Alpini della sezione “Maurizio Rosato” di Lanciano e le associazioni d’arma, combattentistiche e di volontariato nonostante la pioggia battente ed il freddo non sono mancate alla deposizione della corona di allora ed alla celebrazione in onore dei caduti di Saati e Dogali che si è tenuta oggi pomeriggio, giovedì 26 gennaio. Il luogo simbolico scelto per la commemorazione è corso Roma dove tra l’Istituto “De Titta”e la chiesa di Santa Chiara è affissa la lapide realizzata nel 1887 dallo scultore orsognese Modesto Parlatore.
La battaglia di Saati e Dogali fu combattuta il 26 gennaio 1887 tra le truppe del Regno d’Italia e le forze abissine durante la prima fase dell’espansione in Eritrea ma per i giovanissimi italiani, inviati allo sbando in Africa si trasformò in un vero e proprio massacro. Il luogo dove si trova ora la lapide (originariamente conservata nel Palazzo Comunale) non è casuale perchè qui era ubicata la caserma tra cui anche tantissimi lancianesi e cittadini abruzzesi partirono senza purtroppo fare ritorno.
Presente anche il sindaco di Lanciano Filippo Paolini che ha accompagnato il nuovo gonfalone della città ed il tricolore donato nel 2012 dall’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Insieme a lui anche i sindaci dei comuni limitrofi come Castelfrentano e Perano che insieme all’associazione dei marinai e ai carabinieri di Orsogna hanno voluto essere presenti per commemorare una pagina triste dell’avventura coloniale italiana in Eritrea ed Etipia. «Essere qui – ha affermato il primo cittadino frentano – è doveroso per quei ragazzi a cui una sanguinosa guerra, ha impedito di realizzare sogni e progetti. Per colpa di una politica espansionistica insensata e per un concetto di patria, oggi forse difficile da comprendere, questi soldati hanno perso la vita lontano da casa con violenza e venendo spesso trucidati dagli abissini fedeli al Negus, come nel caso della battaglia di Dogali». A Lanciano, importante per la “riscoperta” di questa vicenda è stato fondamentale l’impegno ed il lavoro di ricerca di Mario Salvitti, alpino ed esperto di storia e commemorazioni militari.