In mostra la storia dei campi di concentramento d’Abruzzo: c’è anche Casoli

Secondo gli storici negli anni a cavallo tra il 1940 ed il 1943 l’Abruzzo può essere considerata una vera e propria regione lager visto che furono ben quindici i campi di concentramento qui costruiti dal regime fascista. Un numero imponente se si considera un totale di quarantotto nell’intera penisola e di sessantatreè “località di internamento libero”, una sorta di domicilio coatto riservato ai deportati che erano ritenuti meno pericolosi ma a cui era comunque negata la libertà. Questa triste e particolare storia dell’Abruzzo sarà raccontata in una mostra inaugurata domani, mercoledì 18 gennaio al Palazzo della Provincia di Chieti e aperta fino al 31 gennaio. L’evento è organizzato in occasione del Giorno della Memoria 2023, nell’ambito della XXIII edizione del progetto “Il Calendario della Repubblica-Il Dovere della Memoria.

Un’immagine degli internati nel campo di concentramento di Casoli

Ad organizzare la mostra “I campi di concentramento fascisti in Abruzzo dal 1940 al 1943” è l’Associazione Chieti Nuova 3 febbraio con il contributo degli storici Giuseppe Lorentini (autore del libro “L’ozio coatto. Storia sociale del campo di concentramento fascista di Casoli (1940-1944), Kiara F. Abad Bruzzo, Nicola Palombaro ed il frentano Gianni Orecchioni, con il patrocinio e il contributo del Comune di Casoli. I quattordici pannelli di cui è costituita la mostra vogliono avvicinare un pubblico sempre più ampio alla riscoperta dell’internamento civile fascista che per anni è rimasto nell’oblio documentando il sistema concentrazionario italiano durante la Seconda guerra mondiale e, nello specifico, negli anni 1940-1943, evidenziando come l’Abruzzo sia stata la regione prescelta dal regime fascista per attuarlo, perché, collocata al centro dell’Italia e lontana dai luoghi di frontiera, difficile da raggiungere perché isolata dalle montagne e dal mare, poco politicizzata e priva di grandi centri urbani.

Casoli, cittadina abruzzese in provincia di Chieti, si erge arroccata su una collina alla destra del fiume Aventino ai piedi del massiccio della Maiella. Nell’aprile del 1940 fu scelta dal ministero dell’Interno per allestirvi una struttura per internare “ebrei stranieri: questa divenne poi un campo fascista attivo dal 9 luglio 1940. Nei primi giorni di maggio del 1942, gli internati ebrei vennero trasferiti nel campo di Campagna (Salerno) e a Casoli arrivarono gli “internati politici”, per la maggior parte civili “ex jugoslavi” originari delle terre di occupazione italiana in Jugoslavia. 

Palazzo Tilli luogo della memoria di Casoli

Analizzando i fascicoli personali di quasi tutti gli internati, conservati presso l’Archivio storico comunale di Casoli, e confrontandosi con la storiografia e le fonti relative al periodo, lo storico Lorentini ripercorre la storia del campo facendo emergere il profilo dei prigionieri, le loro biografie, la vita quotidiana, le pratiche della comunicazione, il rapporto con la comunità cittadina, ma anche i problemi amministrativi e organizzativi riguardanti la sua gestione. La ricerca storica del campo di Casoli ci restituisce, come in un’istantanea, una pagina finora oscura dell’internamento civile fascista come spazio delle pratiche della politica razziale e di repressione operata dal regime, come laboratorio del razzismo fascista a livello locale.


   

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