Lo Verso e i “centomila” di Pirandello: «Conoscersi per capirsi contro il “naufragio” dell’Io»

La stagione del Grido Cineteatro, con la direzione artistica di Acs, riparte con il tutto esaurito. Domenica 15 gennaio a Vasto, nel Teatro Madonna dell’Asilo, Enrico Lo Verso ha accompagnato il pubblico nel “naufragio” dell’essere di “Uno, nessuno e centomila”, con l’adattamento teatrale, curato da Alessandra Pizzi, del più celebre dei romanzi di Luigi Pirandello. Uno spettacolo classico, ma estremamente attuale, che parla di maschere e di crisi dell’Io, ma lo fa con leggerezza e sarcasmo. Una “seduta di psicanalisi”, in cui un camaleontico Lo Verso attraversa i meandri della conoscenza, dando al pubblico risposte semplici ma a cui spesso non sappiamo guardare.

Dopo “Un’Odissea Infinita” spettacolo interpretato da Enzo Decaro che, nel dicembre 2022, aveva inaugurato la stagione di prosa del Grido, è un’altra “odissea”, quella dell’Io di Vitangelo Moscarda, a calcare il palco. Un naufragio dell’esistenza, quello portato in scena magistralmente da Enrico Lo Verso, che ripercorre tutte le tappe della discesa agli inferi del personaggio nato dalla penna di Luigi Pirandello: dalla scoperta della tremenda verità di essere visti dagli altri in modo diverso da quello in cui ci vediamo noi, passando per l’accettazione dell’incompletezza di sé e della scelta della solitudine, fino ad arrivare all’ultima tappa: quella della follia. A dettare il ritmo dello spettacolo, è proprio la “scomposizione della vita” che Lo Verso, pur essendo solo sul palco, interpreta portando in scena i “centomila” Vitangelo/Gengè Moscarda e rendendo omaggio a tutti i personaggi del racconto. Una scena essenziale, che l’attore riesce a rendere affollata dalle domande, dai dubbi e dall’incessante bisogno di trovare risposte.

Un’opera molto importante quella di Pirandello, con l’odissea di Moscarda che, afferma Lo Verso, «potrebbe riflettersi anche nel mondo di oggi dove la dissociazione dell’Io è diventata evidente e drammatica. Pirandello era sicuramente molto avanti nell’identificare questa perversione del nostro animo, questa attitudine – aggiunge l’attore – e sembra quasi che il testo sia stato scritto ai giorni nostri, proprio per l’uomo di oggi che vive di immagine, che vive nel raccontare sé stesso in modo diverso da ciò che è veramente, forse con un secondo fine, forse con la purezza di chi si vede realmente in un altro modo, questo non è dato saperlo. Quello che è certo, è che quasi nessuno si racconta per come è realmente». Secondo Lo Verso, l’antidoto a questa dissociazione dell’io nel mondo moderno, inasprita dall’avvento dei social, «sono la lettura, la curiosità, l’esplorazione del proprio animo attraverso l’arte, perché quando si vede un’opera d’arte ci si interroga sull’animo umano. Penso che questo sia l’unico modo: conoscersi per capirsi».

Una ricerca di sé che parte proprio dal teatro. «È il settimo anno che portiamo in scena questo spettacolo – dice -. Sono contento che dopo questi due anni difficili, siamo riusciti a ripartire da questo teatro così bello, in una città dove siamo già stati, ritrovando un grande pubblico: questo per noi è un segno bellissimo, è una dimostrazione di affetto. Sono serate come questa che ci danno la voglia di continuare a fare teatro, questo “gioco”, che è un gioco bellissimo». E nel ringraziare il pubblico e chi ha contribuito alla realizzazione dello spettacolo, aggiunge: «A questo testo ha collaborato anche un ragazzo con la passione per la scrittura, un ragazzo che scrive tantissimo. È un mio conterraneo che però non ho mai conosciuto: Luigi Pirandello».

Serena Smerilli

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *