Per Carunchio oggi è il giorno dell’ultimo saluto a Donato Ranni, ex presidente della locale squadra portato via dalla malattia a 52 anni. Dopo la morte avvenuta all’ospedale di Chieti, è stata allestita la camera ardente nella chiesa del Purgatorio di Carunchio per permettere ai tanti amici e conoscenti di stringersi attorno alla mamma Assunta, alla sorella Gabriella e al resto della famiglia; alle 11 i funerali nella chiesa di San Giovanni Battista.
La notizia della scomparsa di Ranni ha suscitato tristezza non solo nel suo paese, ma in tutto il Vastese grazie al suo operato in campo sportivo, associativo e sociale. Per questo oggi sono tanti i ricordi e le parole che ne tracciano un ritratto indelebile. Da dirigente sportivo ha rivestito la carica di presidente del Carunchio 2010, poi dell’Asd Carunchio (nata dalla fusione con la Mario Turdò) e, fino alla sua scomparsa, di vicepresidente del Torrebruna. Rappresentante di una ditta di cosmetici, Ranni prestava anche servizio da operatore socio sanitario nella struttura dedicata ai giovani pazienti della struttura di Gissi della fondazione Mileno.
Per ricordarlo abbiamo raccolto, in rappresentanza dei tantissimi volti incrociati nella sua vita, i commossi ricordi di tre persone che hanno condiviso con lui un pezzo importante di strada: l’ex allenatore del Carunchio 2010, attualmente del Torrebruna, Maurizio Di Trento, dell’ex capitano dei biancoverdi Mario Marianacci e della direttrice della fondazione Mileno Tonia Desiderio.
«Donato era una persona semplicemente speciale – ci racconta Di Trento – Siamo stati insieme due anni, lui presidente e io allenatore, insieme abbiamo raggiunto una promozione dalla Terza alla Seconda categoria, ricordo ancora oggi i grandi festeggiamenti. Era una persona sempre allegra, di compagnia, ma soprattutto, la volontà che metteva in ciò che faceva ti spingeva a fare sempre meglio, era un trascinatore. Con Carunchio aveva un fortissimo legame, non mancava mai a una partita, era sempre disponibile, per il paese è una grande perdita».
Poi il ricordo dell’indimenticabile esperienza di Squadra da incubo: «Giorni fa è morto Gianluca Vialli, Donato per la nostra comunità era altrettanto grande. Evidentemente, dall’altra parte c’è bisogno dei grandi. Lui con Vialli ha vissuto due-tre giorni bellissimi qui a Carunchio».
Come detto, il rapporto dirigente-allenatore è proseguito a Torrebruna: «Fino a pochissimo tempo fa mi caricava, mi diceva “Dai, ce la dobbiamo fare”, perché l’anno scorso abbiamo sfiorato la promozione in Prima categoria, abbiamo perso i play off. Quest’anno c’è stata una serie di disavventure e le cose non vanno molto bene, ma lui continuava a caricarmi, “Dai che ne usciamo fuori”. Adesso penso che da lassù ci darà una mano per uscirne fuori».
«Sapevamo che stava male, ma la notizia di ieri è stata inevitabilmente una coltellata – sono le parole di Marianacci – Da due giorni non ho e non abbiamo parole per ciò che gli è capitato perché per noi è stato davvero un secondo padre. Siamo rimasti sempre uniti anche quando è finita la squadra a Carunchio e siamo andati a Torrebruna. Nel bene o nel male c’è sempre stato per noi e quando le persone buone che ti hanno dato tanto se ne vanno, fa molto male. Grazie a lui tutti i momenti difficili passavano velocemente, l’importante era stare bene insieme ed essere una famiglia ed è ciò che siamo sempre stati. La sua priorità è stata sempre per noi giovani, sempre. Non ha mai avuto secondi fini per rivestire la carica di presidente, un’idea che non lo sfiorava minimamente. Lo faceva per noi giovani e per far capire che in un piccolo paese se si toglie il calcio è una grossa perdita.
L’esperienza con Vialli è stata il coronamento di tutta la sua avventura calcistica, quello è un ricordo di Donato che resterà per sempre.
Per me è partito tutto tanti anni fa quando ci ha sponsorizzato per un torneo di calcetto a Riccione. Eravamo in 16, 14 giocatori, lui e l’allenatore. Ricordi indelebili per noi all’epoca ventenni partiti per un torneo di calcetto… le risate, gli scherzi, le serate in discoteca insieme a lui… un padre, un fratello, un amico. Quando non lavorava, si occupava dei pazienti della struttura di Gissi, e questo dà ancora più il segno di che persona buona fosse».
E l’esperienza con gli ospiti della fondazione Padre Alberto Mileno era tra gli aspetti più importanti della sua vita per la quale non si risparmiava come ci racconta Tonia Desiderio: «Questa attività lo soddisfaceva in particolar modo grazie al legame che si era creato con i ragazzi della fondazione che andava oltre l’aspetto lavorativo. Ciò che più ricordo è la generosità di Donato.
Nonostante la malattia, non l’ho mai sentito scoraggiato, mai. È come se avesse trovato ancora una maggiore forza dalla malattia, io penso di aver avuto a che fare con un Santo in terra. La malattia lo ha costretto a casa, mi diceva che riusciva a passare il tempo divorando libri, anche importanti come quelli su dottrina religiosa, vita di Santi ecc. Si riteneva fortunato di poter godere delle piccole cose anche a causa di questa nuova condizione».
«Quando muore una persona si cerca di mettere in evidenza sempre la parte bella. Se oggi uno mi chiedesse quale fosse la parte brutta di Donato, non la saprei indicare. Io Donato lo conosco come una persona generosa, dinamica, gioiosa. Da socio dell’Unitalsi ha portato i nostri ragazzi a tantissime manifestazioni.
C’è un episodio in particolare tra le ultime testimonianze del suo altruismo. In passato ha fatto fare i giubbotti invernali per la sua squadra, ne ha ordinati il doppio perché, mi ha detto, “una partita intera la voglio regalare ai ragazzi”. I ragazzi oggi indossano per le attività all’esterno questi giubbotti bellissimi che lui ci ha regalato.
È un uomo che per me si trova già vicino al Signore. Io sono orgogliosa di aver percorso una parte di cammino con una persona così speciale».