Odessa. Crimea, 29 novembre 1937. All’alba di una livida giornata d’autunno inoltrato nella Repubblica sovietica d’Ucraina. Davanti a un plotone d’esecuzione, in seguito alla condanna morte per complotto trotzkista irrogata da un tribunale fantoccio staliniano, si presenta uno dei tanti antifascisti italian irifugiati in URSS e fucilati (duecento) per sfuggire alle galere di Mussolini. Alla pronuncia di «Ogon’!» (Fuoco!) urlata dal capitano capo-plotone, cade a terra crivellato di colpi il comunista abruzzese Vincenzo Baccalà, nato a Lanciano il 21 marzo 1893 (cfr. «Italiani nei lager di Stalin», a c. di E. Dundovich e F.Gori, Bari, Laterza, 2006). Data e luogo differiscono dalla menzogna riferita alla moglie dalle autorità sovietiche nel 1956: deceduto a Mosca, per paralisi cardiaca, il 16 novembre 1937.

Odessa, dunque! Che strano, Odessa! Ma come? Non era stata, forse, la città in cui, i napoletani Capurro e Capuano, nel 1898, avevano composto la più celebre tra le canzoni partenopee: «O sole mio»? Già! Il sole di Odessa di quarant’anni prima che aveva illuminato la creatività dei due amici, diventa buio profondo, inferno, durante le «purghe staliniane» che avevano investito gli stessi dissidenti di altre nazionalità. Ma un po’ di piombo impallidisce (mi si perdoni la macabra battuta), di fronte allo sterminio per fame degli ucraini (definito «Holomdor») causato dal compagno Stalin negli anni 1932-1933. Grazie alle rigorose direttive eseguite dal suo braccio destro Vjačeslav Molotov le requisizioni del grano ai contadini, con conseguenze gravissime sulla popolazione, determinavano una carestia dalle proporzioni immani, stimata con calcoli recenti, in un range compreso tra 3,5 e 4,5 milioni di morti.
A partire da ciò, il 23 ottobre 2008 il «Parlamento europeo» ha riconosciuto l’«Holodomor» come «crimine contro l’umanità» e l’Ucraina lo ricorda il quarto sabato di novembre. Cioè, oggi. Un oggi di novanta anni fa. Fame e freddo, si diceva. Pare che questa sia un’ottima strategia di guerra perseguita dai sovietici ieri e dai russi oggi. In perfetta continuità. Non obiettivi militari, ma civili. Un paradiso di missili che, come le requisizioni di grano di ieri, allieta e riscalda oggi i tristi cuori della popolazione ormai ridotta alla frutta. Ma fino a quando basteranno le mele? Non quelle de “Il tempo delle mele”, ma il frutto, la “malus domestica” originaria di quelle zone. Già. Un invito all’esodo forzato di esseri umani a causa della guerra. Per così dire, un po’ più “scoppiettante” rispetto a ciò che accade lungo le rotte mediterranee. Ma fa niente! Solo “Piccoli fuochi” (per richiamare il titolo di un film) e tanti e tanti e tanti piccoli roghi.Tutto questo a novant’anni dall’Holodomor. Voglio solo augurarmi che, nulla di simile, possa accadere nel centenario del 1° settembre 1939 (e per l’Italia il 10 giugno 1940).
Prof. Luigi Murolo