«Riportare i trabocchi ad una dimensione più etica», questa la sfida della nostra costa

«Perché il brand Costa dei Trabocchi possa davvero essere durevole c’è bisogno di un cambio di passo che riesca in qualche modo a coniugare la sua storia, le sue tradizioni con l’inevitabile spinta verso il futuro che il turismo richiede». È questa la sfida che l’architetto Marcello Borrone, tra i partecipanti al Laboratorio di rigenerazione della costa teatina costituito dalla Provincia di Chieti per il progetto preliminare della Via Verde, vorrebbe che vincesse il nostro territorio.

È complicato coniugare passato e futuro, soprattutto in questa costa dove, dei 32 trabocchi presenti, solo una metà è rimasta fedele, iconograficamente, strutturalmente e antropologicamente, a ciò che erano nell’immediato dopoguerra, ma non si può dare questa guerra per persa prima di giocarla davvero.

«Le innovazioni prodotte su alcuni di questi trabocchi, ed il restauro del Turchino, riportano però al centro del dibattito la volontà di capire cosa significhi valorizzazione e quale sia il punto di incastro tra tradizione e innovazione. – dice ancora Borrone, che è anche responsabile del Laboratorio sostenibile della costa teatina per il progetto Life Rete escursionistica della Costa dei Trabocchi – Credo che l’interessamento del privato per lo sviluppo del patrimonio pubblico sia fondamentale, è giusto però trovare un punto di equilibrio tra questo privato ed il pubblico».

Riportare ad una dimensione non solo fisica, ma anche etica, i trabocchi esistenti potrebbe dunque essere la chiave di volta affinché la nostra Costa possa davvero diventare turistica a tutti gli effetti senza però dimenticare però come un trabocco fosse «una strana macchina da pesca, tutta composta di tavole e di travi, simile a un ragno colossale», proprio come ne scriveva Gabriele D’Annunzio, nel suo “Trionfo della morte“.

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