«Non si può mantenere aperta un’attività per pagare le bollette» e così Annamaria e Giuseppe, dopo 5 anni hanno deciso di abbassare le saracinesche del loro bistrot per proseguire solo con la pasticceria da asporto, su ordinazione.
Natural Bistrot, localino in stile shabby in corso Roma, proprio di fronte il portone della chiesa di Santa Chiara, ha resistito ai duri lockdown imposti dalla pandemia ma non al caro bollette ed alle impennate dei prezzi dell’ultimo periodo. «Abbiamo aperto il 4 gennaio 2017 ed il giorno dopo si è scatenata una bufera di neve pazzesca – racconta Giuseppe Alleva, mentre dalla cucina arriva il profumo dei dolci che sua moglie, Annamaria Caniglia, sta preparando – e tra alti e bassi eravamo arrivati a febbraio 2020 con una buona crescita, poi la pandemia e rialzarsi è diventato quasi impossibile».
Nato come locale dedicato al gluten free, Natural Bistrot è ben presto diventato un punto di riferimento per chi volesse una pausa diversa dal solito; più lenta, lontana dai clamori del centro e, soprattutto naturale. «Le nostre materie prime sono sempre state particolari, ricercate e per forza di cose sono sempre costate un po’ di più, – dice Annamaria a Chiaro Quotidiano – ma gli aumenti oggi sono a dir poco spropositati e starci dentro, senza far pagare una colazione in modo altrettanto spropositato, per noi è diventato impossibile». Già, perché se fino a qualche tempo fa il latte veniva acquistato, più o meno, ad 1 euro al litro, oggi il prezzo è quasi raddoppiato. Stesso discorso per il caffè, le farine, le uova, l’olio, tutto in pratica. Ma chi sarebbe disposto a fare una colazione al bar e pagarla il doppio?
E poi c’è il caro bollette, che ha già iniziato a far sentire il suo peso nel portafogli, nonostante non arrivi ancora l’autunno. «Fino a luglio 2021 la nostra bolletta della luce si aggirava sui 500 euro, – ci dice Giuseppe – poi è stata un’escalation fino ad arrivare ai 1300 euro dell’ultima. Lì abbiamo deciso di chiudere». Una scelta difficile, dolorosa, ma quasi obbligata perché «non si può lavorare e vivere col magone dei pagamenti e, alla fine, non potercisi permettere neanche due giorni di svago fuori». Tenere aperto il locale per pagare le bollette oppure chiudere, mettersi al lavoro per creare un laboratorio e da lì, occuparsi solo della pasticceria, per cui c’è e resta una buona clientela. La scelta, seppur non semplice, sembrava quasi inevitabile. «Se non si mette un freno a questi aumenti sono tante le chiusure che rischiamo di vedere perché, – spiega ancora Giuseppe – per restare a galla oggi si deve guadagnare il triplo di prima. Ma il carovita che viviamo noi, lo vivono anche le famiglie, per cui si esce di meno e si spende di meno. Insomma, è un cane che si morde la coda».
Ma né Giuseppe né Annamaria vogliono perdere il sorriso, anzi «abbiamo preso questa decisione proprio perché non si poteva più venire al lavoro con il magone. – conclude Annamaria – Ora speriamo di riuscire a mettere su un piccolo laboratorio, magari più vicino casa, a Fara San Martino, da cui far partire tutti i nostri ordini. Per fortuna la clientela della pasticceria non ci ha abbandonato».
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