TEDxVasto: testimonianze, pensieri e riflessioni innescano un domino “virtuoso”

Otto speaker per otto testimonianze che, attraversando mondi diversi tra loro ma collegati da un sottile filo rosso, hanno innescato il virtuoso Domino del TEDxVasto 2022. I giardini di palazzo d’Avalos hanno accolto anche quest’anno l’evento promosso e organizzato da un nutrito gruppo di volontari con un sold out che testimonia la crescente attenzione nel territorio verso le conferenze TED. Sul palco, presentati da Anna Moretti, Ilaria Di Domenico e Andrea Piccirilli, sono saliti gli speaker invitati dal team organizzatore che, a fine serata, ha espresso grande soddisfazione.

Foto Costanzo D’Angelo

«Siamo molto contenti per la riuscita dell’evento – commenta il licenziatario Paride Rossi -. Sono stati mesi di impegno e duro lavoro per poter presentare alla nostra città un appuntamento di valore. Il grazie va all’amministrazione comunale e all’assessorato alla Cultura per il prezioso supporto e ai partner che, anche in questa edizione, hanno sostenuto con convinzione l’organizzazione. Un grazie a tutti i volontari, ognuno come la tessera di un domino che, posizionata nel modo giusto, rende un effetto finale davvero bello. E un grazie agli otto speaker che hanno accettato il nostro invito, dandoci testimonianze di valore che hanno lasciato un segno in tutti i partecipanti». Chiaro Quotidiano è stato media partner del TEDx Vasto 2022.

Nadia Rucci | Foto Costanzo D’Angelo

«C’è grande solidarietà e collaborazione tra tutti i ricercatori»

La serata è partita con Nadia Rucci, biologa ricercatrice e docente all’università dell’Aquila che, con il sostegno di Airc, sta portando avanti importanti progetti di ricerca sul cancro. «Nel nostro lavoro c’è un vero effetto domino, perché tante piccole ricerche ci hanno permesso di raggiungere risultati importanti». Per un ricercatore, studiare per confutare un’ipotesi «è quasi come entrare in un labirinto. Sappiamo che l’uscita c’è, dobbiamo solo trovarla». Lo spirito che guida l’impegno quotidiano è quello di partire dal bancone del laboratorio e, attraverso una serie di step, arrivare alla terapia. L’effetto domino, oltre che temporale, è anche nello spazio. «Tutti i laboratori del mondo possono interagire tra loro. C’è grande collaborazione e solidarietà tra ricercatori, nel perseguire l’obiettivo comune». Per la ricercatrice di origini vastesi «è un onore essere stata scelta da Fondazione Airc nel sostegno ai progetti che, oggi, conduco insieme ad un team in cui ci sono tanti giovani. Abbiamo l’obiettivo di migliorare non solo le aspettative di vita ma la qualità della vita dei pazienti colpiti dal cancro».

Gioele Scavuzzo | Foto Costanzo D’Angelo

«Indifferenza e ipocrisia sono i nostri più grandi nemici»

Gioele Scavuzzo, cooperante dell’associazione Soleterre onlus, trasmette le emozioni vissute nella sua esperienza in Polonia e Ucraina, dove è attualmente impegnato come responsabile della missione che si occupa dei piccoli malati oncologici. Gli scatti che scorrono alle sue spalle sono «nella sfera dei piccoli gesti di vita familiare», in cui emerge «tutto l’amore del mondo» in un contesto drammatico. Con la sua associazione, che opera in Ucraina dal 2003, sono stati assistiti 29mila bambini malati di tumore a cui è stato assicurato il proseguimento delle cure oncologiche, pur in scenari di estrema complessità. Nel dare un quadro globale, Scavuzzo ricorda che «indifferenza e ipocrisia sono i nostri più grandi nemici». Da qui il messaggio che lancia al pubblico del TEDx: «Abbattiamo la tessera dell’indifferenza e creiamo il domino della solidarietà».

Sarah Cicolini | Foto Costanzo D’Angelo

«Cucinare è un atto d’amore umano»

La divisa bianca è simile, gli attrezzi del mestiere un po’ meno. Sarah Cicolini ha lasciato gli studi in medicina, dove pure era ben avviata, per dedicarsi alla cucina trovando la sua piena soddisfazione. «Le decisioni migliori della tua vita spesso arrivano nel momento più banale della giornata», esordisce la titolare del Santo Palato a Roma. «A un certo punto ho capito che la carriera da medico non faceva per me. Sono cresciuta con l’idea di prendermi cura degli altri. Ma, farlo come medico, era troppo netto. Questa nuova strada, invece, mi permette ogni giorno di dedicare attenzione agli altri attraverso i miei piatti». La scelta di «diventare chef mi ha aiutato a fare squadra con gli amici, con la famiglia, con i colleghi, con i professionisti incontrati». Il suo lavoro le fa esprimere «una educazione sentimentale al mangiare che passa attraverso i sapori della vita». Per lei, oggi soddisfatta del suo lavoro, «cucinare è un atto d’amore umano».

Menotti | Foto Costanzo D’Angelo

«Le grandi storie ci dicono che cambiare è possibile»

La storia di Menotti, nome d’arte del fumettista e sceneggiatore Roberto Marchionni, sembra seguire la struttura tipica di ogni stori, fatta di tre atti che, dalla notte dei tempi si ripetono: paradiso, incontro con il caos e caduta, redenzione. È stato così nel suo percorso, partito da Vasto e approdato a Bologna, dove ha lavorato come fumettista. Poi il passaggio a Roma, all’inizio degli anni 2000, per tentare la strada di autore per tv e cinema, tra mille ostacoli e peripezie – a volte anche surreali – fino ad arrivare al presente. «Una cosa è inventare una storia di successo, un’altra è scriverla, un’altra ancora è produrla», dice Menotti spiegando le dinamiche con cui dal testo di uno sceneggiatore poi si arrivi ad un prodotto finale che spesso può esserne molto distante. Un passaggio senza dubbio importante è arrivato con Lo chiamavano Jeeg Robot. «Dopo tante porte in faccia Mainetti è riuscito a fare il film e sappiamo poi come sono andate le cose». Nel tornare alla sceneggiatura del suo percorso, Menotti sottolinea che «quello che complica la vita non è un nemico esterno ma una parte di noi. Ma le grandi storie ci dicono che cambiare è possibile».

Gaia Spizzichino | Foto Costanzo D’Angelo

«Non si può controllare l’incontrollabile»

È per certi versi spiazzante lo speech di Gaia Spizzichino, content creator e curatrice del proflo instagram di successo Normalize normal homes. «Non si può controllare l’incontrollabile» è il messaggio che torna più volte nel corso del suo intervento, in cui parte dalle sue esperienze di bambina e i passaggi segnati dall’insicurezza. «Possiamo controllare a malapena noi stessi – dice Gaia -, figuriamoci gli altri». Occorre prendere coscienza che c’è un aspetto del benessere, oltre a quello fisico, che va affrontato e sostenuto. «Ci saranno sempre cose che sfuggiranno al nostro controllo e non possiamo fare altro che prendere il meglio di quello che abbiamo». Ed ecco che, nel fare cenno al suo vissuto, racconta il suo positivo approccio alla psicoterapia. «Per fortuna oggi ci stiamo liberando dell’idea che la psicoterapia sia un tabù» sia da affrontare che da raccontare. «È uno strumento potente perché ti permette di guardare alla realtà con un filtro diverso da quello che usiamo quotidianamente». È il filtro della consapevolezza, del nonostante tutto. La chiave è convincersi che «una dose di insicurezza sia importante da mantenere nella vita. Ho imparato a utilizzare l’insicurezza come potente alleata», per gestire piccole e grandi cose della vita.

Maria Chiara Centorami | Foto Costanzo D’Angelo

«Seminare, raccogliere, seminare ancora. Andare lontano e ritornare a casa»

«Il teatro è fatto da tasselli vivi mossi da persone. Il teatro è il qui ed ora. Come l’effetto domino». Maria Chiara Centorami intreccia la sua vita e il suo percorso da attrice e insegnante all’effetto domino, come se ogni tassello, messo al posto giusto, fosse un pezzo di esperienza. «Quanto amore e cura maniacale c’è nel sistemare ogni singolo tassello per confezionare e portare in scena lo spettacolo?». Del resto «dobbiamo essere maniaci per scegliere di vivere di questo. Quello dell’attore, del regista, è un lavoro straordinario» nel senso del «non conoscer ferie, lutti, previsioni da poter fare. C’è un’incertezza che ci domina». Essere dominati è in assoluto contrasto con l’essenza dell’attore «che ama dominare la scena, dominare il palco». Ma «la cosa più dura è dominare la vita che questo mestiere ti fa fare, i suoi no, i suoi forse, spesso peggio dei no. Ma gli sforzi devono essere nel «domare e dominare per non essere dominati dal confronto, dall’aspettativa, dall’attesa». Il do-mine di Maria Chiara Centorami è oggi nella sua scuola di teatro. «Lo trovo il modo più concreto di fare il mio. È diventato trasmettere la poetica teatrale ai giovani e ai giovanissimi. Fare il mio per me è seminare, raccogliere, seminare ancora, andare lontano, ritornare e riportare a casa».

Massimo Roserba | Foto Costanzo D’Angelo

«Siamo, e non possiamo evitare di esserlo, cittadini globali»

Massimo Roserba parte da uno sguardo sul mondo globale e sulle crisi, di ogni tipo, che hanno segnato l’ultimo secolo. «Qualsiasi nome diamo a crisi – spiega il manager abruzzese – si tratta di una cosa ciclica. Guardando la storia, vediamo che uno uomo di 75 anni vive 4 crisi nella propria vita, 2 mentre è nell’età lavorativa». Quindi, «perché non siamo preparati se sappiamo che qualcosa, anche se non ne conosciamo l’entità, arriva?». La pandemia ha avuto effetti sanitari ed economici. Ma «nelle crisi c’è sempre qualcuno che vince», come gli ultimi anni hanno evidenziato. Per le aziende – di ogni dimensione – oggi la strada deve essere quella della programmazione a 10 anni. «Bisogna avere chiari gli obiettivi su cosa vogliamo essere tra dieci anni. Poi deve essere la capacità del manager a stabilire come variare le cose da fare per arrivare al risultato». Un passaggio vincente è «avere l’ossessione dell’efficienza nel momento in cui non è necessario esserlo» perché questo farà essere pronti nel momento in cui arriverà – e la storia dice che sicuramente arriverà – una crisi. Lo si fa in tre modi: «Lavorando sul come, lavorando in anticipo ed essendo efficienti», avendo uno sguardo sulla complessità degli eventi perché «siamo, e non possiamo evitare di esserlo, cittadini globali».

Riccardo Pirrone | Foto Costanzo D’Angelo

«Le persone vogliono che le aziende guidino i cambiamenti»

La fiducia – o la mancanza di fiducia – è il tema da cui parte Riccardo Pirrone, social media manager e digital strategist. «La comunicazione che faceva sperare in un futuro migliore ha lasciato il posto ad una relazione che sancisce la fine delle illusioni», dice nello spiegare le nuove strategie da attuare proprio per il venire meno di grandi relazioni di fiducia tra le persone e ciò che hanno attorno. «Oggi il marketing relazionale è il faro puntato sul consumatore», diventato sempre più consapevole. Le aziende assumono un ruolo cruciale per il loro approccio e il loro impatto rispetto ai cambiamenti e nell’affrontare le problematiche persistenti. «Non bastano più le dichiarazioni di responsabilità. Oggi bisogna mostrarsi realmente impegnati». Questa è la strada del brand activism, dove le aziende sono parte attiva dell’azione. «Non dirmi che mi ami, prenditi cura di me», è la strada da seguire secondo Pirrone. «Le persone vogliono che le aziende a cui danno fiducia guidino i cambiamento».

TEDxVasto 2022

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Foto di Costanzo D'Angelo

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