Poco meno di cento giorni di guerra in Ucraina e un grande punto interrogativo sul futuro. A pochi giorni dall’attacco russo avevamo raccontato la storia di Vladimir, ucraino che da 23 anni vive e lavora in Italia, prima a L’Aquila e poi a Vasto. Rientrato nel suo paese di origine per un periodo da trascorrere con i suoi familiari in Ucraina, mentre la moglie e la figlia sono rimaste a Vasto, non è potuto più tornare indietro per la chiusura delle frontiere. I suoi 59 anni lo rendono ipoteticamente arruolabile e non può quindi lasciare l’Ucraina. Un paio di giorni fa siamo tornati a parlare telefonicamente con lui che, in questo periodo dell’anno, sarebbe stato in piena attività nella cura e gestione del lido vastese dove lavora da tempo. A Vinnytsia, la sua città al centro del Paese, sulle sponde del fiume Buh, gli effetti della guerra sono meno impattanti che in altri luoghi devastati.
«Sono ancora qui – ci dice – perché non è ancora possibile lasciare il Paese. Prima la chiusura era stata imposta per un mese e pensavo di poter venire a Vasto. Ora hanno prolungato il blocco per altri tre mesi. E poi chissà». Ma, oltre a darsi da fare con qualche lavoro per il sostentamento, Vladimir, come tanti altri suoi connazionali, si sta dando da fare per sostenere la causa ucraina. «Collaboro con diverse associazioni che si occupano dell’aiuto ai profughi che sono dovuti fuggire dalle loro città, hanno dovuto abbandonare le loro case, a causa della guerra. Nella mia regione sono arrivate 150mila persone, di queste 50mila sono nella mia città». Ci sono aiuti alimenti e generi di prima necessità, che arrivano anche dall’estero, da immagazzinare e poi smistare. «Spesso prepariamo dei pacchi misti, così che chi li riceve possa avere tutto ciò di cui ha bisogno per andare avanti».
Molti aiuti vengono inviati anche ai soldati che sono in prima linea e che, da febbraio, stanno difendendo l’Ucraina. Nei pacchi c’è di tutto, dall’abbigliamento alle pale per scavare. «Siamo in tanti a darci da fare, dando così il nostro contributo alla resistenza Ucraina. È importante che tutti ci diamo da fare». Anche per chi è sul posto è difficile fare previsioni su quale piega prenderanno gli eventi. «I nostri soldati combattono con coraggio. Servono, però, nuove armi, per poter andare avanti». E così, giorno dopo giorno, Vladimir va avanti tra i suoi lavori, l’impegno civile e il pensiero alla terra che lo ha adottato 23 anni fa e in cui spera di tornare presto per riunire la sua famiglia. E, nel salutarci, c’è il «grazie» a chi continua ad avere attenzione e sostenere la causa Ucraina che, come ci diceva già a marzo, è una causa che riguarda tutta l’Europa.