Da Vinnytsia la testimonianza di Vladimir: «Qui siamo tutti uniti per aiutare chi è rimasto senza niente»

Abbiamo appuntamento per una telefonata su whatsapp alle 12 in punto, perché anche la rete internet inizia ad avere qualche problema e non è sempre semplice mettersi in contatto. Vladimir, 59 anni, si trova a Vinnytsia, città nel centro dell’Ucraina, sulle rive del fiume Buh. Lui da 23 anni vive e lavora in Italia, prima a L’Aquila, poi a Vasto. Quando è iniziata la guerra, con l’invasione russa in Ucraina, si trovava nel suo Paese d’origine ed è lì che è rimasto bloccato, senza poter più rientrare. «Qui stiamo meglio che in altre zone dell’Ucraina ma non c’è da stare tranquilli», ci dice al telefono. Anche a Vinnytsia ci sono stati bombardamenti «in cui hanno colpito punti strategici» e in tutta la città ci sono posti di controllo dell’esercito.

Lui, 23 anni fa, era arrivato in Italia e si era stabilito a L’Aquila. Con il terremoto è stato costretto a lasciare il capoluogo abruzzese e, con la famiglia, è stato ospitato come centinaia di aquilani negli alberghi della costa. Ed è proprio sulla costa che, dal 2009 si è stabilito, trovando una occupazione stabile che gli permette, nel periodo invernale, di trascorrere del tempo in Ucraina, dove c’è la sua famiglia d’origine. È stato così anche quest’anno fino a quando non è arrivata la guerra e non ha potuto lasciare il Paese. Per lui, che con i suoi 59 anni inserito nella riserva, la frontiera si è chiusa. «C’è qualcuno che prova a scappare ma, alla frontiera, viene rimandato indietro».

«Io sto bene ma quello che sta accadendo in Ucraina è drammatico. Ci sono già tanti civili morti, tanti sono bambini. I russi, dopo gli obiettivi sensibili, sparano anche sulle case». A Vinnytsia ci sono ancora i negozi aperti, in particolare quelli di generi alimentari e beni di prima necessità. A differenza di altre città «qui c’è ancora da mangiare – spiega Vladimir -. E noi tutti stiamo facendo qualcosa di utile per supportare l’esercito e tutta la popolazione». In tempo di guerra chi sta un po’ meno peggio – ad esempio rispetto agli abitanti della capitale o di altre città già martoriate – si mette al servizio degli altri. «La guerra ha fatto unire tutte le persone. Tutti vogliono fare qualcosa per aiutare chi è rimasto senza niente, chi non ha luce e acqua, che non ha da mangiare». E così ci si organizza andando a fare la spesa nei negozi e si inviano rifornimenti verso le città messe a dura prova dalla guerra.

Nelle sue parole c’è il pensiero per la moglie e la figlia che sono in Italia ma, soprattutto, per i civili che hanno perso la vita in questi giorni di attacchi. «Ci stiamo difendendo non solo per noi ma per tutta l’Europa». E, come tanti ucraini, spera che «possano essere chiusi i cieli sopra il nostro Paese, così da poterci aiutare a resistere».

Vladimir, in costante contatto anche con amici in Italia, ha visto quanto anche qui siano in corso raccolte di materiale da inviare in Ucraina. «Voglio ringraziare gli italiani per tutto quello che state facendo. Grazie perché so che siete con noi». E in Italia, sull’amata costa adriatica, sono tanti gli amici a aspettarlo a braccia aperte.

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