8 marzo: qual è stato e qual è il ruolo della donna nella guerra?

Oggi, 8 marzo, è la Giornata internazionale della donna, erroneamente denominata “festa della donna”, a cui è stato possibile approdare dopo anni di lunghe proteste e rivendicazioni in diverse parti del mondo. Ormai, da diversi anni a questa parte, è divenuta una vera e propria tradizione festeggiare questa data, a tal punto che, forse, si agisce con gesti meccanici senza sapere qual è stato il lungo e faticoso percorso che ha portato alla realizzazione di tutto ciò. In questi ultimi anni l’attenzione riservata a questo tema è aumentata, anche se permane una mirata argomentazione sul ruolo della donna nella società e un superficiale e circostanziale focus sul suo status nell’ambito della guerra nel corso della storia.

La Giornata internazionale della donna è un evento che ha come obiettivo quello di ricordare le conquiste sociali, politiche e di emancipazione che le donne hanno ottenuto nel corso della storia dopo lunghe proteste e rivendicazioni affinché la loro voce venisse ascoltata. A questo proposito, non avendo una personale esperienza di ciò che è successo circa un secolo fa, è strettamente necessario ricorrere a delle fonti che ci permettano di costruire un excursus abbastanza lineare dell’evoluzione di questo fondamentale pezzo di storia.

Il Novecento per molti aspetti è stato il secolo delle donne, molte di loro sono riuscite ad abbattere alcuni degli ostacoli che le separavano dalla partecipazione attiva alla vita civile e politica. Nonostante possa apparire paradossale, sono stati proprio i due conflitti mondiali a dare un decisivo impulso alle questioni di genere in molte realtà nazionali. Durante il primo conflitto mondiale milioni di donne hanno dato un attivo contributo alla mobilitazione economica e sociale che la guerra richiedeva ai singoli Stati in lotta, innescando una mobilità di genere per quegli anni sorprendente e originale: donne al fronte, negli eserciti, nel volontariato, nel lavoro in fabbrica e nelle occupazioni civili, nella gestione delle famiglie e delle proprietà, nelle proteste contro la guerra e il caro viveri.  Facciamo riferimento a partecipazioni che non hanno riguardato solo le donne appartenenti ai ceti sociali più agiati, ma anche donne prive di un titolo di studio, ma caratterizzate da un impegno pratico.

È stato, però, il secondo conflitto mondiale a rappresentare la culla dove alcuni semi, nonostante il lungo inverno delle dittature e del totalitarismo, sono riusciti a germogliare. In Italia, ad esempio, centinaia di donne hanno avuto la possibilità di essere parte integrante nella lotta partigiana, accompagnando l’Italia, attraverso la loro testimonianza, verso la libertà e la democrazia, questa volta più matura rispetto al passato, più attenta alle questioni di genere, come dimostrava il voto del 1946 a suffragio universale femminile. 

Queste tappe storiche sono state indispensabili e determinanti per l’attualità, anche se, dalle ultime notizie con cui siamo entrati in contatto, sembra quasi di non aver mai smesso di vivere in un mondo che tende ancora a regredire in determinati campi e specifiche circostanze. Gli avvenimenti che si stanno verificando in questo momento storico confermano quanto appena affermato, perché rappresentano un drastico arretramento, permettendo di tornare indietro, quando quelle conquiste erano ancora così tanto lontane.

L’attuale situazione sta destabilizzando tutti: bambini e adulti, giovani e anziani, uomini e donne. Ci sta facendo vivere, anche se non in prima persona, un orrore tale da permetterci di dimenticare l’importanza di dover essere dei buoni e corretti cittadini. È proprio in questa data, l’8 marzo, che forse dovremmo soffermarci un po’ di più sul ruolo che le donne stanno avendo in questa tragica situazione.

Le preoccupazioni riguardanti ciò sembrano essere tante e molteplici, ma tra tutte quella dell’Ente delle Nazioni per l’uguaglianza di genere, Sima Bahous, risulterebbe la più marcata. Quest’ultima afferma: «(…) La situazione attuale mette a repentaglio la sicurezza di tutti ed espone in particolare le donne e le ragazze ad un rischio maggiore di violenza sessuale e di genere, in particolare quelle rifugiate o comunque sfollate dalle loro case. Questi fattori devono essere presi in considerazione in tutti gli sforzi per monitorare e rispondere all’urgenza di questa situazione, in modo che i primi segnali di allarme dell’impatto ricevano una risposta adeguata e proporzionata (…)».

La storia che ci ha preceduti insegna che non sono pochi i casi nella storia in cui, durante un conflitto, la violenza di genere e lo stupro sono stati utilizzati come vere e proprie armi, strumenti di dominio da parte di un esercito invasore contro il nemico, rappresaglia per piegare la popolazione. Ciò dovrebbe spingere ogni carica pubblica a rivolgere una particolare e accurata attenzione verso i componenti più fragili della popolazione, a partire da donne e minori.

Talvolta ci domandiamo perché tali problematiche e argomenti non vengano trattati da chi ha più visibilità e potere rispetto a noi, continuando a rimanere limitati entro una ristretta cerchia di uomini e donne che ancora lottano e sperano di poter godere delle conquiste senza dover sempre temere che esse vengano rapidamente spazzate via. Ogni evento ha la sua importanza, ogni gesto ha il suo peso e ogni circostanza ha la sua valenza. Allora perché si tende a far predominare determinati problemi ed eventi piuttosto che cercare di porli tutti sullo stesso livello?

Questo è uno dei problemi che più rallenta e debilita le funzioni di ogni società, le quali potrebbero essere molto più produttive e redditizie se ci fosse un equilibrato coinvolgimento, ma soprattutto una diversa percezione: se ci pensiamo, per quanto possa sembrare inconcepibile, il nostro è un mondo entro il quale siamo spaventati all’idea di concepire sullo stesso piano l’uomo e la donna, i quali, pensati assieme, collaborativi e solidali, determinano un positivo e appagante stravolgimento in ogni campo. È per questo che oggi, 8 marzo, oltre a “festeggiare” la donna con un gesto materiale, sarebbe doveroso valorizzarla con maggiore inclusione, sostegno e appoggio.

Benedetta Argentieri

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