Con “Pantafa” la Smutniak porta al cinema il folklore abruzzese

Chi di noi, nato e cresciuto in Abruzzo non ha mai sentito parlare della cosiddetta “Pantafica”, lo spaventoso spettro notturno, tipico dei racconti dei nostri anziani, che tortura le persone rubando loro il fiato? Bene, la diabolica donna fino ad ora confinata nel patrimonio immateriale d’Abruzzo, è da qualche giorno nei cinema italiani con “Pantafa” è un horror tutto italiano per la regia di Emanuele Scaringi (romano ma con il padre di Altavilla di Montorio al Vomano) con Kasia Smutniak nelle vesti della protagonista e con la partecipazione di diversi attori abruzzesi quali Jacopo Vermiglio di Trasacco (borgo natio di Pietro Taricone, ex compagno della Smutniak precocemente scomparso) e Mauro Marino di Popoli.

Il film è ambientato in un paesino immaginario chiamato Malanotte (chiara la citazione dell’antica Buonanotte, oggi Montebello sul Sangro), in cui tutti parlano vari dialetti abruzzesi ed in cui non mancano gli arrosticini, la genziana, lo zafferano di Navelli, e tante canzoni popolari abruzzesi (tra cui una ninna nanna viene cantata dal coro polifonico “Histonium” di Vasto) e la saltarella (danzata dal gruppo “Laccio d’amore” di Penna Sant’Andrea). La pantafa del film è estremamente fedele a quella dei racconti popolari (il regista ha studiato gli scritti di De Nino e Finamore) e “classici” sono anche i rimedi per tentare di fermarla, dalla scopa di saggina, al “bambinello” di vino, passando per i riti contro la mmidije e il malocchio. Al di là della trama, la speranza è che con il lavoro di Scaringi e della Smutniak, si possa far conoscere una regione che con le sue storie, detti, tradizioni e riti resiste, in senso positivo, ad una modernità in cui non sembra esserci più spazio per la sapienza e la saggezza dei nostri avi.

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