Giornata del Fiocchetto Lilla, «il disturbo alimentare è solo un sintomo di un disagio più profondo»

«Il disturbo alimentare è solo un segnale di qualcosa di più profondo che, nel frattempo, sta accadendo nella nostra psiche, per cui si parte da lì per arrivare più a fondo». Così la psicoterapeuta  frentana Licia Fantini parla dei disturbi dell’alimentazione, proprio nella Giornata del Fiocchetto Lilla che vuole porre l’accento sul delicato tema che, ogni anno, interessa sempre più persone.

La Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla è stata promossa per la prima volta nel 2012 dall’associazione ligure “Mi Nutro di Vita”. L’iniziativa parte da un padre, Stefano Tavilla, che ha perso la figlia Giulia a soli 17 anni per bulimia, in lista d’attesa per ricovero in una struttura dedicata, proprio il 15 di marzo.

La psicoterapeuta Licia Fantini

In Italia sono oltre 3 milioni i giovani che soffrono di disturbi del comportamento alimentare (DCA), il 95,9% sono donne, il 4,1% uomini. E anche nel nostro territorio, in quella che ormai possiamo definire epoca post Covid, i casi sono in aumento. «Sono perlopiù ragazze, sempre più giovani, anche preadolescenti, a soffrire di questo genere di disturbi – dice la dottoressa Licia Fantini -. E potremmo parlare dell’isolamento del lockdown, dei modelli perfetti e inarrivabili che ci arrivano dai social come cause scatenanti, e sicuramente fanno la loro parte, ma la verità è che le cause sono quasi sempre più profonde e da ricercarsi nelle relazioni familiari, soprattutto nel rapporto mamma/figlia». E se quando si parla di DCA si sa che si parla soprattutto di anoressia, bulimia, binge eating disorder e obesità, diventa meno semplice fare poi una diagnosi, soprattutto agli albori della malattia. «Molto spesso le pazienti non riconoscono il loro disturbo e tendono a negarlo ed è da lì che parte il lavoro dello psicoterapeuta: portare a galla il problema rendendolo visibile e riconoscibile – afferma la dottoressa -. Da lì poi inizia il percorso vero e proprio che, attraverso la conoscenza e gestione delle proprie emozioni, cerca di arrivare alle cause più recondite del disturbo». E anche se ogni storia e paziente ha una storia a sé, è piuttosto semplice ritrovare in ognuno gli stessi tratti. Come ad esempio la presenza di madri invadenti e padri assenti, una scarsa autostima o una forma di depressione più o meno latente. «Un tratto che accomuna chi soffre di DCA è anche l’essere perfezionisti – sottolinea la psicoterapeuta -. Chi non accetta i fallimenti e mira alla perfezione, utopica, della propria vita, tende ad essere più rigido anche nel rapporto con il cibo. Così come chi non accetta di non poter controllare ogni aspetto della propria vita, si illude di controllare se stesso, tenendo a bada il cibo».

Dedicare, dunque, una giornata ai disturbi del comportamento alimentare significa aumentare l’attenzione della popolazione attorno a queste patologie. Risulta quindi fondamentale implementare la corretta informazione intorno ai DCA, per facilitare la comprensione dei meccanismi psico-biologici che favoriscono la malattia e diffondere la consapevolezza che questi disturbi possono essere curati attraverso una rete assistenziale orientata all’individuazione precoce del disturbo, tramite l’attivazione di percorsi riabilitativi specializzati. Fondamentali per il successo del trattamento sono, infatti, la diagnosi precoce della malattia ed un intervento tempestivo affidato ad un’équipe di medici specialisti.

«Non è un percorso semplice quello che porta alla guarigione, ma dai DCA si può venire fuori – conclude la dottoressa Fantini -. È importante lavorare su più fronti ed unire tutte le professionalità necessarie per far in modo che la paziente torni a riappropriarsi della propria vita e riesca, di nuovo, ad avere un rapporto sano con il cibo e con il proprio corpo».

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