«Abbiamo iniziato con gioia il cammino quaresimale il mercoledì scorso delle Ceneri, e vogliamo indirizzare la nostra vita alla Pasqua del Signore». È un vero e proprio augurio quello di don Nicola Giampietro, parrocco dello Spirito Santo a Lanciano e direttore dell’ufficio liturgico dell’arcidiocesi di Lanciano-Ortona, per il periodo che ci apprestiamo a vivere a partire proprio da questa prima domenica di Quaresima. Un augurio che ci ricorda come affrontare questi quaranta giorni in attesa della Pasqua di Resurrezione «indirizzando la nostra vita secondo la volontà di Dio»:
La tentazione che il Vangelo racconta di Gesù vuole esprime essenzialmente questo: Gesù rifiuta la proposta di satana di costruirsi un’esistenza autonoma dove l’io diventi il criterio di tutto, ma preferisce e sceglie un’esistenza di relazione con Dio di fiducia e di obbedienza. Allora, si capisce perché la prima lettura di questa prima domenica di Quaresima che parla della caduta di Adamo, sta all’inizio della Quaresima. Siamo figli e figlie di Adamo e partecipiamo della realtà di disobbedienza che Adamo ha vissuto. Abbiamo anche noi il rischio di considerare il comandamento di Dio come un impedimento alla vita, come un peso di tristezza e di oppressione che viene messo sopra di noi. Ma proprio per questo dobbiamo percorrere quel cammino che ci fa passare da figli di Adamo a figli di Dio in Gesù Cristo. Dobbiamo avere davanti l’immagine del Figlio di Dio nella sua relazione con il Padre, come relazione di fiducia e di obbedienza piena.
Dobbiamo imparare con Gesù a vivere «di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio», «a non tentare il Signore nostro Dio», ad «adorare il Signore nostro Dio rendendo culto a lui solo». Dicevo, il cammino della Quaresima ci condurrà in questa direzione; e come? Credo con “l’obbedienza a Dio”, che vuole dire alcune cose: Dobbiamo sapere ascoltare e accettare la voce di Dio, che chiama dentro di noi e che individuiamo come coscienza. La coscienza ci aiuta, ci chiede e esige da noi di distinguere il bene dal male, ci chiede di abbracciare il bene con tutto il cuore e di rifiutare il male con orrore. Quando facciamo questo la nostra vita accetta la Parola di Dio e la sovranità di Dio su di lei. Questo è il primo cammino che dobbiamo fare: evitare il relativismo che vede tutte le cose grigie, per cui non si capisce più che cosa è bene e che cosa è male, e allora tutte le scelte diventano fondamentalmente arbitrarie, per cui si può fare quello che si vuole. Occorre evitare l’assuefazione della coscienza che l’addormenta, perché la coscienza ha bisogno di essere esercitata. La coscienza è una facoltà straordinariamente preziosa, ma anche straordinariamente delicata; quando viene messa in atto, viene usata, si arricchisce e si rafforza; ma quando in qualche modo la si nasconde, la si copre, la si rifiuta, pian piano la coscienza diventa inerte, non ha più la capacità di parlare a noi, e non ha più la capacità di costringerci a percorrere una strada invece che l’altra.
Per questo dobbiamo essere molto attenti a curare la coscienza, a difenderla, a obbedirla perché l’obbedienza alla coscienza è obbedienza a Dio stesso. Proprio perché la coscienza si rafforzi, abbiamo il dono della Parola di Dio, della Parola che si chiama Gesù Cristo ed è la Parola del Vangelo, in cui Gesù Cristo è rivelato e conosciuto. Quanto più questa Parola diventa nostra, tanto più la coscienza diventa delicata e sensibile, capace di percepire la volontà di Dio e quindi di orientare le nostre scelte. È un bruttissimo segno, quando la coscienza non ci rimorde più e ci dà ragione, quando sembra che la coscienza sia il fare quello che noi vogliamo; allora significa che la coscienza si è persa. La coscienza non è fare quello che noi vogliamo, ma è fare quello che vuole Dio da noi. La prima manifestazione della coscienza è proprio il momento in cui ci accusa, in cui ci dice che non è giusto quello che noi viviamo e scegliamo; è lì che la coscienza vive ed è lì che la coscienza ci pone davanti realmente a Dio, e non solo a noi stessi in uno specchio, alla nostra faccia. Quello che vale per la coscienza vale evidentemente per la Parola di Dio. È un brutto segno, quando siamo convinti che il Vangelo ci dia ragione, che il Vangelo giustifichi le nostre posizioni e i comportamenti. Perché allora vuole dire che molto probabilmente abbiamo trasformato il Vangelo secondo i nostri desideri, lo abbiamo interpretato secondo le nostre preferenze e il nostro vantaggio.
Quando invece percepiamo la voce del Signore che ci chiede di cambiare e ci obbliga a riconoscere i nostri egoismi e falsità, allora è probabilmente la strada giusta, possiamo camminare e può nascere un cammino di conversione. Abbiamo davanti la Quaresima, vogliamo percorrerla come un cammino che ci conduce davvero alla Pasqua, lo dobbiamo fare in ascolto della Parola del Signore, della Parola di Dio nella nostra coscienza, della Parola di Dio nel Vangelo, lasciando che questa Parola ci accusi e ci converta. La Quaresima è il tempo che più ci richiama alla conversione, al combattimento spirituale, alla ricerca della vera pace, non quella del mondo ma la pace donata da Cristo! San Tommaso d’Aquino suggerisce che per raggiungere la pace del cuore – fonte e origine di ogni pace nel mondo e tra gli uomini e le donne – bisogna cominciare a mettere ordine in noi stessi e nei nostri rapporti con gli altri attraverso l’esercizio delle virtù: forza, temperanza, giustizia, prudenza. E soprattutto attraverso una vera e propria riconciliazione con Dio, con gli altri e con noi stessi.