Nel 2013 una donna cinquantanovenne fu ricoverata all’ospedale di Pescara per sottoporsi ad una coronografia ma la sera stessa,dopo aver effettuato l’esame, avvertì dei forti dolori ad una gamba: il personale medico decise di non effettuare nessun controllo aggiuntivo e la mattina successiva, dopo un malore, per la donna sopraggiunse la morte. Sulla faccenda e dopo una denuncia dei famigliari indagò la Procura di Pescara e, dopo alcuni anni, nel 2019 il giudice Canosa dimostrò la responsabilità civile della Asl accogliendo le due richieste di risarcimento formulate dalle legali della famiglia della donna, le avvocatesse frentane Maria Ida Troilo e Daniela Frini, per un totale di oltre un milione di euro.
«La Asl – afferma l’avvocatessa Frini a Chiaro Quotidiano – impugnò la sentenza per una violazione della prova del processo e soprattutto per il risarcimento. Il fronte penale venne chiuso nel 2014 e prese quindi il via quello civile. Le perizie effettuate dall’anatomopatologo Domenico Angelucci e dal medico legale del tribunale Enrico Catarinozzi furono però chiare parlando di una infezione batterica causata dalla coronografia e dalla non perfetta sterilità del catetere che, causando un’aritmia, furono purtroppo fatali alla donna». In seguito a ciò è stato respinto il ricorso sul risarcimento con l’Azienda Sanitaria Locale di Pescara che dovrà pagare oltre un milione di euro di danni ai famigliari della defunta, chiudendo definitivamente una vicenda durata dieci anni.