Questa sera, alle ore 21 il Teatro “De Nardis” di Orsogna ospita un grande omaggio a Luigi Pirandello attraverso l’adattamento teatrale, curato da Alessandra Pizzi, di “Uno, Nessuno, Centomila” il più celebre dei suoi romanzi: la storia di un uomo che sceglie di mettere in discussione la propria vita, a partire da un dettaglio, minimo, insignificante: il pretesto è un appunto, un’osservazione banale che viene dall’esterno: i dubbi di un’esistenza si dipanano intorno a un particolare fisico.
Enrico Lo Verso torna in teatro, dopo dodici anni di assenza, e “veste” i panni di Vitangelo Moscarda, o di “quel Gengè” che il protagonista del romanzo è per sua moglie Dida, e rende magistralmente omaggio a tutti i personaggi del racconto, ma soprattutto rende omaggio all’universalità del pensiero di Pirandello. Lo fa con una mimica e una parlata sensazionali, anima una scena minima ed essenziale che pare affollata dalle domande, dai dubbi, dal continuo, incessante bisogno di trovare risposte, tipico della scrittura di Pirandello. Le cento maschere della quotidianità lasciano il posto alla ricerca del sè autentico, vero, profondo.
Alessandra Pizzi ha preso un testo, «quello che meglio riesce a sintetizzare il pensiero nel modo più completo» a detta dello stesso autore, e ci ha scavato dentro, togliendo orpelli, barocchismi, metafore, alla ricerca dell’essenziale: il risultato è uno spettacolo di forte impatto dinamico, una seduta di psicoterapia, come lo ha definito la critica, in cui il pubblico si immerge in una storia che crede di conoscere, ma approda a un risultato inaspettato. In settanta minuti dell’atto unico, sale sul palco la forza dirompente dell’io che cerca lo specchio, non per trovare sicurezze nella proiezione della propria immagine, per “romperlo” e dimostrare al mondo che non c’è forma oltre la verità.
Il Vitangelo Moscarda di Lo Verso è un eroe contemporaneo, l’uomo “senza tempo” attraverso un’interpretazione naturalistica, immediata, “schietta”, volta a sottolineare l’attualità di un messaggio universale, univoco, perenne: la ricerca della propria essenza, dentro la giungla quotidiana di omologazioni. La voglia di arrivare infondo ed assaporare la vita, quella autentica, oltre le imposizioni sociali dei ruoli. La paura di essere soli, fuori dal grido sociale della massa. Ed infine, il piacere unico, impagabile della scoperta del proprio “uno”: autentico, vero, necessario.