Il 24 novembre potrebbe sembrare una data come le altre per tante persone. Per chi invece ha amato e ama la musica dei Queen questa è una giornata molto particolare: il 24 novembre 1991 moriva a Londra Freddie Mercury, voce ed icona dello storico gruppo inglese. Nonostante siano passati ormai trentuno anni la sua figura, la sua musica e le sue canzoni vengono ancora ricordate dai fan e dagli appassionati di tutto il mondo. Del resto Mercury e i Queen sono una vera e propria icona internazionale e difficilmente i loro nomi potranno cedere il passo alle tante mode della società contemporanea. Sabato 26 novembre in Francia a Lille è in programma la convention “We Lille Rock You” organizzata dal Freddie Mercury Phoenix Trust, l’ente benefico creato dopo la morte del frontman della band, per raccogliere fondi da destinare alla ricerca sull’Aids.
A questo importante evento oltre ad ospiti internazionali come il cantante Tim Staffel, l’archivista ufficiale della band Greg Brooks e Peter Freenstone, amico ed assistente personale di Mercury, parteciperà anche lo scrittore e musicista Dario “Blues” Di Nardo, originario di Torino di Sangro e senza dubbio una vero e proprio esperto di storia e musica “queeniana”. Una passione quella di Dario per i Queen, nata tanti anni fa come lui stesso confida a Chiaro Quotidiano: «il mio interesse verso loro è nato durante l’adolescenza: era il 1989, ed io avevo circa 11-12 anni di età quando vidi attraverso la tv satellitare il video clip di “I Want It All” rimanendo folgorato dalla performance, dalla canzone, dal drumming. Da allora – afferma Dario – iniziai ad appassionarmi e a suonare la batteria, i cui rudimenti mi furono impartiti da mio padre».
Alla fine degli ’80 ed all’inizio dei ’90 non c’era un massiccio utilizzo del web, non esisteva YouTube dove poter riascoltare di continuo i brani nuovi o vecchi che fossero e internet non era ancora entrato nelle nostre case. L’unica soluzione per un appassionato era quella di recarsi in un negozio di dischi e comprare un album, magari nel nuovo formato compact disc lanciato da qualche anno sul mercato. «Acquistando i vari cd – afferma Dario – necessari per completare la mia discografia dei Queen (che nel frattempo erano diventati i miei nuovi eroi) mi resi conto di conoscere già alcune delle loro hit più importanti. Per iniziare comprai “A Kind of Magic” e poi decisi di proseguire ripartendo da “Queen I” ed andando via via avanti in una sorta di viaggio nel tempo: questa è un’abitudine che poi ho mantenuto per scoprire ogni band che mi passa fra le orecchie. Per mettere da parte il gruzzolo necessario all’acquisto dei cd lavavo le macchine e portavo la legna a nonni e genitori: ogni lira guadagnata veniva accantonata per completare l’opera ed ogni trentuno mila lire significavano per me un disco in più».
Quella di Dario era ed è una passione forte per i Queen ma il suo interesse non si limitava solo alla loro musica. «Quando andavo al mare i Queen erano i miei preferiti anche al jukebox, ma ascoltavo anche altro e all’epoca scoprii i Deep Purple, i Red Hot Chili Peppers, i Police, gli Who. In casa mia – ci confida – si è sempre ascoltata la buona musica e da neonato sono cresciuto avendo nelle orecchie le note di Creedence Clearwater Revival, James Brown, Ike & Tina Turner, Otis Redding, Bob Marley, Desmond Dekker, Simon & Garfunkle, Shadows, Beatles e Pink Floyd. I dischi in casa c’erano sempre e durante la fanciullezza, vissuta fino ai sette anni in Germania, ho seguito quasi linearmente l’evoluzione del rock, passando anche a Jimi Hendrix, Thin Lizzy, il progressive rock, il jazz, il blues. Senza considerare il panorama italiano con Graziani, Le Orme, Venditti, Afterhours.
Per non parlare – afferma ancora Di Nardo – delle nostre star “locali” ma conosciute anche nel mondo come Gianni de Chellis, Carlo Porfilio, Guerino Taresco, Dario Lastella e tanti altri. I Queen hanno chiaramente un posto speciale ma non sono uno di quegli sfegatati che patteggiano solo per un gruppo come se fosse una fede o un partito politico: leggo molte biografie di band ed artisti e non amo le cover band perchè “la musica, di ogni radice è il fulcro, il resto è decorazione e la musica non è un albero di Natale, ma la linfa della pianta”. Ascoltando l’evoluzione della musica dei Queen – sottolinea ancora Di Nardo – lungo la loro discografia rimasi incantato dal suono barocco della chitarra, dalla voce soave e graffiante, dal basso livellante, che adegua ogni picco ritmico ad un unica massa liquida che esce dalle casse e soprattutto dal drumming. Poi mi colpì la variegata tipologia dello stile delle loro canzoni, con impronte derivanti da diversi generi è pazzesca».
Ma tra i tanti strumenti musicali è, come abbiamo detto, la batteria quella che stuzzica di più l’interesse di Dario e, la scoperta di Roger Meddows Taylor, storico drummer della “Regina”. «Di batteristi ne avevo già sentiti tanti – afferma Dario – ma un treno come lui mai. Cosa aveva di così speciale lo scoprii in seguito: oltre ad una grande tecnica fatta di fill continui e “rullosi” ma anche scandenti in una certa ritmica asincopa, c’era il charleston, l’hi hat, aperto in battuta con il rullante. Tutte cose che seppi successivamente , e che scoprii quando iniziai a suonare». I Queen famosi per il loro grande repertorio ed uno stile musicale difficile da inquadrare con una sola “etichetta” hanno cambiato continuamente, anche se uno degli stravolgimenti forse più radicali, arrivò all’inizio degli anni ’80 . «In certi loro pezzi eighties le batterie dei Queen si sono un pò imbruttite – sottolinea il nostro intervistato – ma vale molto l’impatto degli anni settanta ed è quella la loro discografia che più piacere sentire. Ho scoperto proprio in questi giorni, che è uscito sul mercato un box set di “The Miracle” , in cui ci sono tracce inedite e che esiste una versione abbozzata in studio dai quattro di “Breakthru” , con l’originale di batteria e basso, suonata dal vivo. E’ fantastica e trova anche su YouTube. Ma perché – si domanda Dario – hanno poi confezionato “Breakthru” in quella maniera? Resta sempre bellissima ma sentendo questa versione, l’originale che mi è sempre piaciuto ora mi è scaduto un pochino».
Da ragazzini si sogna, ma molti smettono di farlo ad un certo punto. Quando forse sono a maturazione di assuefazione del normale. Quelli che smettono di sognare e combattere per l i loro sogni, sono quelli vittima della standardizzazione degli individui. Individui che si alimentano e si muovono solo attraverso cliques: la fidanzata, la macchina, la moto, la famiglia, il lavoro, la passeggiata di domenica al centro commerciale. «Io sbagliando, perché mi è costato anche stress, apici e pedici – ci confida Di Nardo – non mi sono mai arreso e ho sognato ogni giorno, impegnandomi a piastrellare la strada che mi porta ad avere soddisfazioni esaudendo quei sogni. Avere una band, scrivere un pezzo, esibirmi per divertirmi, fare amicizie, conoscere gente nuova, cercare i migliori per imparare da loro».
Uno dei sogni di Dario è quello di avere una batteria, non una qualsiasi ma proprio quella di Taylor, «un giorno decisi di volere una batteria come quella di Roger, così iniziai a risparmiare per comprarmene una. Peccato che sul mercato non ve ne sono facilmente reperibili e quel biondo di Cornovaglia, tranne che nell’ultima parte della sua carriera, mischiava le batterie a suo gusto. Sono un appassionato di storia e un nostalgico degli anni settanta e mi sono detto che “se dev’essere una batteria come la sua, deve rispecchiare la veridicità dell’esistito”. Tra le tante scelsi la batteria che si vede nel concerto di Montreal del 1981, quella che poi girò il mondo. Iniziai – afferma il nostro intervistato – a studiarne i pezzi, l’hardware, i fusti e da ciò ne scaturì un database pazzesco che poi decisi di trasformare in un libro, argomentando i vari passaggi e cambiamenti.
Ci ho messo sei anni ma alla fine ce l’ho fatta e “The Drum of Roger Meddows Taylor: a full e detailed history” è diventato un grande successo internazionale. Ecco i Queen cosa mi hanno scatenato, sognavo di suonare come Roger e da questo non ho ottenuto solo la voglia di suonare ma anche uno stile tutto mio...non lo scimmiotto insomma». I sogni dicevamo, quelli che uno crede irrealizzabili e che invece la vita o forse il destino poi esaudiscono «fin da ragazzino sognavo di conoscere Roger Taylor e ci sono riuscito addirittura in diverse occasioni, l’ultima delle quali è stata davvero particolare e risale al giugno del 2018 quando lui m’invitò a Milano nel backstage del concerto dei Queen. Che dire – conclude Dario – questo è un sogno realizzato di cui sono davvero felice, anche se l’apoteosi ci fu quando un giorno mi scrisse Eric Singer, batterista dei Kiss, dicendomi che voleva una copia del mio libro e m’invitò ancora una volta a Milano (quando si dice il destino) nel backstage di un loro concerto». “It’s a Hard Life” cantavano nel 1984 i Queen in un carnevalesco e veneziano videoclip. Ma quando ci sono sogni, passioni ed obiettivi da raggiungere questo cammino difficile può riservare anche tante soddisfazioni!