È partito da Paglieta giovanissimo per coltivare la sua passione per la pallavolo. Oggi, a 26 anni, Marco Vitelli, centrale di 202 centimetri, è uno dei protagonisti del campionato italiano, con l’Allianz Powervolley Milano, ed è nel giro della nazionale italiana. Domani sarà in campo nella sfida tra la formazione meneghina e la sua ex squadra, Padova.
Come è iniziato il tuo percorso sportivo?
Ho iniziato a casa mia, a Paglieta, dove padre aveva una società di pallavolo. È stato lui ad avvicinarmi a questo sport e ho avuto anche la fortuna di avere un gruppo di amici a cui piaceva giocare e mi hanno fatto appassionare ancora di più a questo sport. Venivo anche molto spesso a Vasto per giocare a beach volley. Dopo gli anni nella Teate è arrivata la chiamata della Lube, quando avevo 15 anni. Non ho potuto rifiutare.
Nell’andare via di casa hai trovato appoggio in famiglia?
All’inizio c’erano dei dubbi da parte dei miei genitori perché ero, diciamo così, un po’ turbolento. Ma da parte mia c’è stato subito il grande desiderio di andare lì e fare questa esperienza. Anche nei momenti più duri non ho mai pensato di aver fatto la scelta sbagliata.
«Come per ogni giocatore, nel percorso ci sono alti e bassi»
Dall’approdo alla Lube ad oggi com’è stato il tuo percorso di crescita? Hai fatto esperienza in diverse squadre fino ad arrivare oggi a Milano.
Ci sono stati degli alti e bassi. La stagione a Ravenna, così come quella a Molfetta, sono stati dei momenti alti. I due anni a Vibo Valentia, invece, non sono andati benissimo, sembrava quasi che dovessi uscire dal giro. Poi sono arrivati i due anni a Padova in cui non solo mi sono riconquistato un posto in Superlega ma anche in Nazionale. Diciamo che, come per tutte le carriere sportive e, in generale, per tutte le attività lavorative, ci sono un po’ di alti e bassi.
E questo passaggio da Padova a Milano come lo stai vivendo?
Sono realtà totalmente diverse. A Padova l’obiettivo era di salvarsi, quindi bisognava solo pensare a far punti utili per l’obiettivo. Qui a Milano la società ha ambizioni un po’ più alte. In questo inizio di campionato abbiamo ottenuto tre vittorie e tre sconfitte, giocando già contro corazzate come Modena e Perugia. Per il momento il bilancio è positivo. Ora ci dobbiamo confermare, soprattutto prestando attenzione a quelle partite che sulla carta sembrano facili però non lo sono.
Guardando l’ultima sfida, persa 3-0 con Perugia, è emersa una grande qualità da parte vostra. Il risultato è stato troppo negativo per quanto fatto in campo?
È vero, abbiamo espresso un buon gioco. Peccato che nei momenti importanti ci siamo un po’ persi. E, quando giochi queste sfide, perdersi significa sbagliare una palla nel momento decisivo del set che poi finisce per deciderne le sorti.
«La prima convocazione con l’Italia è una delle più grandi soddisfazioni che lo sport possa darti»
Hai iniziato a vivere l’azzurro già con le nazionali giovanili. Ma alla prima convocazione con l’Italia dei grandi cosa si vive?
È un’emozione intensa quando la ricevi. Poi, quando sei lì, a vivere la quotidianità degli allenamenti, non ci pensi più di tanto, lo dai come una cosa normale. Non pensavo tanto all’emozione quanto a cercare di scalare un po’ di gerarchie, visto che ero in ballo per l’Europeo, poi per il Mondiale. Poi all’ultimo sono rimasto fuori da queste chiamate, pur avendo disputato tutti gli altri tornei, come la VNL. Di certo, però, la prima convocazione con l’Italia è una delle soddisfazioni più grandi che lo sport possa darti.
Fefè De Giorgi, nel commentare le recenti vittorie azzurre, ha dato merito e valore al gruppo azzurro esteso, quello che ha vissuto mesi di allenamenti e preparazione e da cui ha scelto i giocatori da portare alle rassegne internazionali poi vinte dall’Italia. Riesci a vivere la soddisfazione per essere tra quei 20-25 migliori d’Italia o il primo pensiero è vorrei essere tra quelli che sono andati?
Pensandoci a caldo, ero felicissimo per la nostra nazionale ma un pizzico di rammarico c’era come per dire potevo esserci anche io. Ma con l’allenatore e tutto il gruppo c’è un rapporto fantastico, è veramente un gruppo bellissimo. Quindi, dopo la vittoria, ero felicissimo come loro che erano lì.
E poi, a 26 anni, hai il tempo dalla tua parte per poter partecipare a tornei importanti con la Nazionale.
Assolutamente sì. Poi, quest’anno, sono in una società in cui posso far bene. Sto lavorando per far sì che la prossima volta, invece che nel gruppo dei 20, io possa essere in quello dei 12.
Ti piace anche il beach volley, conosci bene la spiaggia di Vasto e tanti giocatori vastesi. Lo pratichi per tenerti in forma durante l’estate o è solo per seguire una passione?
Non lo faccio per la forma, anzi gli allenatori mi dicono di riposare. Ma davvero non ce la faccio, perché è una mia grande passione. Due estati fa ho avuto anche la possibilità di giocare la Coppa Italia, insieme al mio compagno storico, Paolo Cappio. Siamo arrivati secondi e ho conquistato anche il titolo di Mvp. Mi sono tolto delle belle soddisfazioni.
Vista questa tua passione non hai mai pensato di puntare tutto sul beach volley?
In realtà spesso. Però in Italia non ci sono le modalità adatte. È troppo rischioso, è uno sport in cui per tutta la nazione giocano due persone, nel mio ruolo una sola e gli altri non possono farlo come lavoro. Nella pallavolo, invece, se sei nel giro della serie A ci sono possibilità. Ma se dovessi farmi guidare solo dalla passione davvero non saprei cosa scegliere, li amo entrambi.
L’Abruzzo del volley esprime diverse eccellenze ma il movimento fa fatica a fare il salto di qualità. Per te che hai girato molte realtà, sia al sud che al nord, quali potrebbero essere le cause?
Quando ero ragazzo c’erano la Teate Volley e l’Impavida Ortona, realtà importanti, da cui sono usciti giocatori forti, magari non sono arrivati in A1 ma hanno fatto cose importanti. Sono società che hanno fatto sempre un ottimo livello giovanile ma, oltre a loro, non c’era molto. Anche per un ragazzino, affrontare un campionato regionale non di altissimo livello, rischia di perdere d’entusiasmo. Nelle altre regioni ho sempre visto un maggior numero di squadre che alzano il livello.
A casa riesci a tornare sempre poco, visti i numerosi impegni. Riesci a conservare un legame con la tua terra?
Sono molto legato. Oltre che alla famiglia, ho la fortuna di aver avuto sempre tanti amici nell’ambito del beach volley tra Vasto e Pescara. Quindi, non appena posso, sono lì a giocare a beach volley sia per seguire la mia passione che per stare insieme a loro.
Sei in un club importante della Superlega, nel giro della Nazionale. Come si alza per te l’asticella? Hai un sogno nel cassetto?
Penso che per tutti gli atleti il sogno nel cassetto è giocare un’Olimpiade. Sarebbe davvero qualcosa di incredibile.