Vino in anfora, in Lombardia il vastese Nicola Scè coltiva la tradizione millenaria

Ha origini vastesi Nicola Scè, uno dei promotori del ritorno alla produzione del vino in anfora nelle campagne lombarde. Figlio di Michele Scè e Rita Sallese, Nicola si è trasferito da ragazzo con la sua famiglia a Volta Mantovana. Qui, ha giocato nelle giovanili e negli amatori della squadra di calcio cittadina, è stato assessore al Bilancio del Comune, ed è oggi socio di uno studio di contabilità della zona.

Una tradizione, quella della vinificazione in anfora, che ha origini nell’antichità, quando i contenitori di terracotta venivano usati per la produzione e il trasporto. Negli ultimi anni, anche in Italia sta crescendo il numero di produttori che sono tornati ad utilizzare questo antico metodo. È il caso dell’azienda Tenuta Maddalena di Volta Mantovana, in cui proprio il vastese Nicola Scè è impegnato da anni con altri soci nella produzione di vini pregiati. L’azienda ha infatti presentato il primo vino in anfora della provincia: Amphora Chardonnay GardaDoc biologico 2020, la cui produzione iniziale è limitata a 900 bottiglie.

Un progetto ambizioso, dichiarano i responsabili dell’azienda alla Gazzetta di Mantova, «nato alcuni anni fa all’insegna dei valori della biodiversità e del legame col territorio; noi, azienda convenzionale, abbiamo scelto di imboccare questa esperienza con un vigneto biologico circondato da boschi per evitare contaminazioni. Le uve sono raccolte a mano in piccole cassette. Il risultato finale è un vino totalmente nuovo, più evoluto e sapido rispetto al prodotto tradizionale».

«Le due anfore usate a Tenuta Maddalena – come riportato dalla Gazzetta di Mantova – non sono interrate, come spesso avviene, anche per favorire il processo di micro ossigenazione che procede per tutto il periodo di permanenza del vino nel contenitore. Dopo la vendemmia, le uve diraspate vengono inserite nell’anfora, dove comincia la fermentazione grazie ai lieviti naturali. Dopo un periodo variabile da 7 a 10 giorni vengono rimosse le bucce. Successivamente si rimuovono le fecce grosse, lasciando il vino insieme alle fecce fini per il 15 mesi. Infine, la filtrazione e l’imbottigliamento».

Nicola Scè

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