A lui è dedicato lo stadio comunale, sul cui prato ora bruciato dall’incuria, sono state scritte alcune delle più belle pagine sportive della storia calcistica frentana. Ma se le vittorie e i trionfi sono ormai ingialliti dallo scorrere del tempo, i ricordi e l’amore verso Guido sono ancora forti ed il campione rossonero, nonostante la scomparsa avvenuta il 27 febbraio 1999, vive ancora nel cuore di quelli che lo hanno conosciuto ed in quello della sua famiglia che con devozione ne mantiene sempre vivo il ricordo. Proprio il cugino Luciano ha dato da poco alle stampe il volume “Guido Biondi: l’unico lancianese in serie A”, un emozionante ed appassionante racconto che anche grazie alla prefazione del professor Remo Rapino, al contributo di Elisabetta Biondi e ad un ricco corredo fotografico, ripercorre la vita, la carriera e le gesta sportive di Guido che passo dopo passo, gradino dopo gradino arrivò nell’Olimpo della massima serie nazionale, calcando da protagonista alcuni dei palcoscenici e degli stadi più grandi del nostro campionato.
«Da bambino – afferma l’autore – ero tifoso della grande Inter che negli anni Sessanta aveva trionfato in Italia ed in Europa, e nella camera avevo affissi alle pareti i poster di Sandro Mazzola e Bonimba (Roberto Boninsegna. In realtà il mio vero idolo era Guido, un po’ perché lancianese come me, un po’ perché giocando in serie A, incarnava il sogno di noi tutti bambini che ci affannavamo a correre dietro un pallone. Ricordo ancora – afferma Luciano – quei pomeriggi di attesa e trepidazione quando lui di ritorno da Catania o Lecce, veniva a far visita a suo zio Vincenzo, mio padre. Posseggo una nostra foto dell’aprile 1972, che ci ritrae insieme sul balcone della nostra casa in corso Bandiera, con alle spalle la cupola della Madonna del Ponte: questo mio libro vuole essere un omaggio ed un atto d’amore verso quel ragazzino che a soli sedici anni ha lasciato il suo paese natio per inseguire il suo grande sogno».
Un sogno iniziato con le prima partite giovanili con la Pro Lanciano, al campo dell’ex ippodromo di Villa delle Rose e culminato idealmente il 14 febbraio del 1971, quando Guido fece il suo esordio in A con la maglia del Catania: fu un Fiorentina – Catania che finì 0 a 0 ma quella data e quell’esordio, arrivato nel giorno della Festa degli Innamorati, ci parlano di un’epoca romantica e di un calcio forse più vero che oggi non c’è più. Quella tra Catania e Guido fu una bella storia d’amore: i tifosi siciliani s’innamorarono presto di quel trequartista dal piede educato e dalla tecnica sopraffina ed anche la stampa locale, dalle colonne del quotidiano “La Sicilia” lo ribattezzò presto il Rivera del Sud. L’incontro con il campione del Milan avvenne davvero nel marzo del ’71 sul campo del “Cibali” di Catania.
Nella città dell’elefantino l’amore per Guido Biondi è ancora fortissimo tanto che in un murales realizzato nella curva sud del vecchio stadio cittadino, il ritratto del trequartista lancianese appare tra quello degli atleti che hanno fatto la storia del calcio catanese di fianco all’indimenticato presidente Angelo Massimino. Il talento di Biondi era ormai riconosciuto e nel marzo del 1971 arrivò anche la chiamata della Nazionale Under 21 con cui fece il suo esordio il 1 maggio nella gara persa per 4-0 a Dresda contro la Germania Est, nella partita d’andata del primo turno delle qualificazioni per le Olimpiadi in programma nel 1972 a Monaco di Baviera. In quella Nazionale erano presenti campioni assoluti come Bettega, Bordon, Bellugi e Pulici solo per citarne alcuni.
Conclusa l’esperienza alle pendici dell’Etna, Guido approdò prima al Lecce e poi al Perugia, arrivando a vestire la maglia del Grifone dopo l’improvvisa morte in campo di Renato Curi. Il carattere e la grande personalità di Guido vennero apprezzate e riconosciute anche nel capoluogo umbro, ma se esiste un altro “luogo del cuore” fondamentale nella sua carriera quello è Campobasso dove si trasferì nel 1981 e, grazie ai tanti gol ed al suo inconfondibile calcio di punizione contribuì alla promozione in B dei molisani venendo premiato come miglior marcatore del campionato e ribattezzato “Il Platinì del Molise”. Dopo aver fatto in giro della penisola, Guido decise di tornare a casa nella sua Lanciano, ma il destino spesso beffardo, ed un brutto male lo tolsero ai suoi cari a soli quarantasei anni «Il volume che è già disponibile nelle librerie della città – sottolinea ancora Luciano – narra un pezzo di memoria di questa città ed è quindi un regalo della nostra famiglia, in particolare a quei ragazzi giocatori e non, che di quella memoria dovranno nutrirsi per costruire un futuro dalle solide fondamenta. Guido è morto giovane come gli eroi e forse questo ha contribuito alla sua immortalità e per certo versi a renderlo un mito: io però più semplicemente avrei preferito vederlo invecchiare un po’ alla volta, anno dopo anno, giorno dopo giorno».