Assunzioni e spese pagate per il parquet di casa in cambio di un appalto della Asl Lanciano-Vasto-Chieti. Attorno a questa vicenda ruota l’inchiesta della finanza che coinvolge tre persone. Concussione, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e truffa: questi i reati ipotizzati. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Chieti ha disposto il sequestro preventivo, per un valore di oltre 96mila euro, di somme di denaro e beni degli indagati.
Il provvedimento «scaturisce da indagini, delegate dall’autorità giudiziaria teatina al Nucleo di polizia economico finanziaria di Chieti, che hanno avuto ad oggetto una gara pubblica, inerente alla fornitura di specifici servizi di riabilitazione, indetta dall’Asl 2 Lanciano-Vasto-Chieti», si legge in un comunicato del Comando provinciale delle Fiamme gialle.
«In tale contesto un dirigente medico (ora in aspettativa), quale membro della commissione aggiudicatrice dello stesso bando, avrebbe costretto il presidente della cooperativa vincitrice dell’appalto a fornire indebitamente a se stesso, alla moglie, alla figlia di lei e ad una terza persona, indebite utilità quali l’assunzione di quest’ultimi nell’organico della cooperativa e sostenimento di costi relativi ad una fornitura di 180 metri quadri di parquet destinato alla sua abitazione. Inoltre, i predetti soggetti, avrebbero falsamente attestato, nelle “schede presenze”, l’avvenuto espletamento di mansioni relative ai servizi di riabilitazione ma che, in realtà, venivano impiegati, illecitamente, presso la segreteria del dirigente medico» cui i finanzieri gli hanno sequestrato anche un’ulteriore somma di 24mila euro «in quanto indagato per truffa nell’ambito di un distinto procedimento penale pendente».
«Nella contestazione dei fatti – spiega la nota del Comando provinciale – si ipotizza che lo stesso, in qualità di direttore di un Dipartimento dell’azienda sanitaria di Lanciano-Vasto-Chieti, avrebbe conseguito l’ingiusto profitto di pari ammontare, con danno per la predetta Asl, per aver falsamente attestato la partecipazione integrale ad un corso di formazione finanziato dalla stessa azienda mentre, gli inquirenti, sostengono che abbia partecipato solo ad un primo incontro”.