I cancelli che si aprono, l’odore delle noccioline calde dai chioschetti e della carta patinata dei programmi, uno da prendere per provare a scommettere e un altro paio da usare come tovagliette su cui sedersi sui vecchi spalti brecciati dell’ippodromo Villa delle Rose. Sono passati 18 anni dalle ultime corse al galoppo di Lanciano ma il ricordo resta ancora vivido in quanti, durante le Feste di settembre, attendevano quei momenti più dello sparo delle 4 di mattina, più dei cantanti in piazza e più dell’accensione della paratura.

«La tradizione delle corse a Lanciano c’è da sempre ed è sempre stata molto vivida. – racconta Gerardo Vicchiarello, appassionato e tra i proprietari di una delle scuderie dei tempi d’oro della Lanciano al galoppo, la Hair Fantasy – Eravamo arrivati ad avere ben 22 scuderie in città e le corse erano il momento clou di tutte le feste, non solo per noi appassionati». Battistini, Caporrella, Di Corinto, Rosa, Russo, Spinelli e Vicchiarello, appunto, solo per citarne qualcuna.
I tre giorni di corse erano attesissimi come momento di aggregazione tra amici e in famiglia. Ci si ritrovava sulle gradinate e, tra una nocciolina e l’altra, si provava a scommettere sul cavallo buono, quello che superasse per primo la mitica curva Sant’Antonio tra battute e sfottò. «A Lanciano arrivavano cavalli importanti, dalle piazze più di prestigio d’Italia. I più appassionati – dice Vicchiarello a Chiaro Quotidiano – ricorderanno don Salvatore che portava qui i migliori cavalli e sin dalla mattina, la pista era piena di gente che arrivava per vedere gli allenamenti prima delle vere corse del pomeriggio».
Dai tre giorni di corse, negli anni d’oro, si era arrivati a quasi un mese di appuntamenti. Erano circa quaranta i cavalli che transitavano per la città insieme a fantini blasonati come Di Stasio, Deledda, De Dominicis, Acuna o Cuttone. «Di 1300 metri era la corsa più corta, di 2500 la più lunga, che corrispondeva a quattro giri di pista. – ricorda Vicchiarello – Diversi gli speaker che si sono avvicendati negli anni, ma resta indelebile la voce di Elia Iezzi ad annunciare i cavalli al tondino, pronti per la partenza e per essere incitati dal pubblico». Anche le scommesse avevano il sapore dell’amicizia. C’era un picchetto che arrivava da Firenze ma all’occorrenza «si scommetteva anche tra di noi e il più informato faceva carte», dice Gerardo Vicchiarello.

Una tradizione, quella di Lanciano, più che un vero e proprio sport, andata via via scemando negli anni, come troppo spesso accade alle cose più belle. «Non voglio entrare nel merito delle questioni tecniche, logistiche e forse anche politiche, – dice ancora Vicchiarello – e capisco che quell’ippodromo andava delocalizzato perché è impossibile, al giorno d’oggi, pensare ad una struttura simile nel centro della città. Se così fosse stato, probabilmente questa tradizione non sarebbe morta, ma si sa, i cambiamenti sono figli del tempo che passa». E la curva Sant’Antonio, oggi, è più adatta ad una passeggiata in famiglia che a Suyo, il cavallo più atteso da tutti.
Grande Gerardo da sempre appassionato all’ippica. Ci mancano molto le corse al galoppo, per molti le feste settembrine erano solo quelle. E grazie per aver pubblicato come prima foto quella del mio babbo che Gerardo ha scippato col mio consenso in pizzeria. Se avessi saputo della pubblicazione gli avrei fatto evitare il riflesso del flash.