Tra antiche chiese, mura e campanili medievali, Lanciano Vecchio, rione che come dice il nome stesso è il più antico dei quattro quartieri storici ed addirittura nucleo fondante della città stessa, accoglie una nuova installazione di arte contemporanea. Una contemporaneità che però riguarda soltanto l’età ed il periodo d’ideazione e creazione di queste due figure che invece sembrano guardare alle civiltà antiche e ad un mondo dove le forze primigenie della terra erano ancora forti, legando l’essere umano stesso alla natura selvaggia ed in particolare agli animali che la popolavano, Due personaggi frutto della maestria, del genio e della visione artistica del maestro Paolo Spoltore, presidiano come immobili ma vigili, guardiani, il portoncino in legno che permette l’accesso alla Torre di San Giovanni in una delle tante piazzette del quartiere, a pochi passi dalla chiesa di Sant’Agostino.
A spiegarci la genesi, il significato ed i valori dell’installazione è lo stesso artista e creatore, il maestro Paolo Spoltore: «Prima di spiegare però l’opera in sé vorrei fare un piccolo passo indietro per comprendere meglio la scelta stessa del luogo in cui ora si trova – afferma lo scultore – visto che quella che noi oggi chiamiamo torre di San Giovanni era in realtà ed originariamente un campanile di una chiesa che oggi non esiste più. Quindi – sottolinea Spoltore – è il monumento stesso ad aver subito una vera e propria “metamorfosi” che, da parte di un edificio religioso l’ha trasformato in torretta di avvistamento ed in un presidio difensivo della zona». Oggi la torre dopo un importante restauro è tornata non solo ad essere un monumento visibile e visitabile ma anche un importante contenitore culturale che ospita mostre ed esposizioni e, questo lo si deve soprattutto all’associazione “Amici di Lancianovecchia” che da anni si è occupa concretamente del quartiere e della conservazione del suo prezioso patrimonio architettonico e storico.
Una volta contestualizzata l’opera nella sua nuova destinazione Spoltore ci guida alla scoperta della sua creazione, «le Metamorfosi pur essendo state realizzate all’inizio degli anni ’90 con i materiali di scarto e recupero (caratteristici dell’opera del maestro frentano) affondano le loro radici nella mia gioventù e nel periodo a cavallo degli anni ’50 e ’60 quando spinto da un gusto di esplorazione non convenzionale rivolsi la mia attenzione ad un libro: all’epoca non c’erano il web, i social non esistevano e la letteratura restava, molto più che oggi, una fonte inesauribile e fondamentale di conoscenza». L’attenzione del maestro si rivolse quindi all’opera del celebre scrittore boemo Franz Kafka ed appunto al racconto “La Metamorfosi” in cui il protagonista Gregor Samsa si risveglia una mattina nel letto di casa ritrovandosi misteriosamente trasformato in un enorme insetto. «Questa vicenda – afferma l’artista – mi colpì tantissimo restandomi impressa nella memoria anche quando successivamente, iniziando a sviluppare la mia arte, creai delle figure e dei totem in cui l’osservatore potesse notare in particolare questa metamorfosi, processo misterioso con gli uomini si trasformavano in bestie.
Nella loro collocazione però assumono anche il ruolo di custodi non solo di un monumento ma anche dei valori umani, culturali e sociali che l’associazione stessa degli Amici di Lancianovecchia incarna a difesa della storia e dell’arte, in un periodo in cui – sottolinea Paolo non senza polemica – spesso latita il ruolo delle istituzioni e dei governanti, soprattutto verso certe tematiche». Le due Metamorfosi fanno parte di un ciclo artistico che Spoltore ha legato agli animali anche grazie al Parco Arte e Natura da lui creato nei pressi della sua abitazione ed in cui queste figure antropomorfe e zoomorfe hanno condivisa l’ambiente naturale con alcune caprette. «Nella mia arte ma anche nella mia vita – ci confida il maestro – gli animali hanno sempre avuto un ruolo importante e spesso le loro fattezze compaiono nelle sculture che creo: da tanti anni sulla pensilina del cancello di casa mia c’è un cavallo realizzato in ferro e acciaio che non passa mai inosservato ai miei ospiti ed a chi transita da quelle parti».
Uomo, natura ed animali condividono da tempo immemore gli stessi spazi e la mitologia antica, quella greca prima e romana poi, è piena di uomini che a causa di situazioni particolari, scatenando l’ira dei vendicativi dei dell’Olimpo vengono trasformati, per castigo divino, in bestie. La creazione, distruzione e rinascita dell’uomo, magari sotto fattezze diverse e animali è inoltre narrata anche da Ovidio nel suo poema epico – mitologico chiamato non a caso “Le Metamorfosi”. Il senso dell’operazione di Spoltore è altrettanto vasto e l’installazione di queste figure rappresenta solo il quarto passo di una presenza tangibile della sua arte negli spazi cittadini. «L’idea – afferma Paolo in conclusione – è quella di rendere più fruibili e vive le mie creazioni in contesti naturali o culturali che ne possano esaltare il valore. Dopo le figure collocate nel Parco del Diocleziano, quelle nell’ex Sala di Conversazione e la donazione dello scorso giugno al Polo Museale, le Metamorfosi a Lanciano Vecchia, sono un nuovo gradino compiuto verso quella direzione».
Nelle due opere Spoltore ha reso evidente, soprattutto nei volti contorti, il passaggio da uomo a bestia, un cambiamento che però non ne contamina i valori ma anzi li esalta rendendo queste figure guardiane di storia e cultura. L’installazione però potrebbe essere anche l’inizio di un nuovo progetto dello scultore lancianese che vorrebbe in futuro decorare la torre con un’altra delle sue misteriose, ataviche ed emozionanti creazioni.