INTRODUZIONE – Nella cultura pagana la notte del 23 giugno si festeggiava il Solstizio d’Estate, il momento in cui il sole raggiunge la massima inclinazione rispetto all’equatore celeste. Principale fonte di vita per l’uomo il sole muta nel suo cammino sull’orizzonte e sembra fermarsi in un posto preciso, sorgendo e tramontando sempre nella stessa posizione per alcuni giorni e fino al 24 giugno. Da questa data in poi esso inizia a sorgere sempre più a sud nell’orizzonte. Secondo la tradizione è il giorno in cui inizia l’Estate ma in realtà le giornate iniziano ad accorciarsi e le notti ad allungarsi per arrivare lentamente al 21 dicembre, giorno del Solstizio d’Inverno.
TRA PAGANESIMO E CRISTIANITA’ – La notte del 23 giugno, vigilia di San Giovanni Battista, è dunque la notte più corta dell’anno e ciò nei millenni ha destato spesso anche in Abruzzo e nella Frentania, tanta curiosità popolare, portando alla nascita di riti, leggende e culti dalle modalità più disparate: Rituali purificatori d’acqua con erbe benefiche e fiori, nonché l’accensione di fuochi per tenere lontani gli spiriti maligni e le streghe fino al sorgere del mattino. La storia del Battista si lega infatti a riti pagani: le fiamme del falò simboleggiano la purificazione: nei fuochi venivano infatti gettate cose vecchie e marce ed, il fumo che ne scaturiva, teneva lontani essere ultraterreni e maligni. L’acqua invece simbolo stesso di San Giovanni, che con quella del Giordano aveva battezzato addirittura Gesù, richiama quindi l’eliminazione del peccato originale con le erbe officinali e selvatiche che ricordano i viaggi e le penitenze tra boschi e deserti di Giovanni.
SAN GIOVANNI BATTISTA – Il 24 giugno è quindi, secondo il calendario cattolico, la festa di questa veneratissima figura, il cui culto è forte in tutte le chiese cristiane sia in Oriente che in Occidente: gli episodi della vita del Battista sono tra i più conosciuti dall’arte cristiana di tutti i tempi ed anche a Fossacesia, nella maestosa abbazia a lui dedicata sul promontorio di Venere, l’effige del santo è stata resa immortale dagli artisti e dalle maestranze che nei secoli si sono impegnate ad abbellire le mura di questo grandioso edificio religioso.
I RITI DELLA NOTTE DI SAN GIOVANNI – Leggende tratte dal folklore di tanti paesi della nostra zona raccontano nelle parole degli anziani e tra le pagine di testi antichi, di erbe che donano protezione se raccolte durante la magica notte che va tra il 23 ed il 24 giugno: una su tutte l’iperico o Erba di San Giovanni, l’artemisia o assenzio volgare, la verbena, il ribes rosso: tutte utilizzate per il loro potere anti malefico. A queste si aggiungono altre tipologie di erbe da cercare come il vischio, il sambuco, l’aglio, la cipolla, la lavanda, la mentuccia, ma anche il corbezzolo, il rosmarino e la ruta. Una volta raccolte erano custodite in casa legate al ramo di ulivo benedetto la Domenica delle Palme oppure venivano direttamente benedette con una particolare preghiera che il parroco recitava su invito dei fedeli.
IL POTERE DELLE ERBE – Ogni singola erba secondo la tradizione ha una diversa e particolare funzione: l’artemisia, l’arnica e la verbena concedono protezione contro i fulmini, le spighe di grano raccolte durante l’anno e conservate insieme durante questa notte, proteggono contro le sventure, un pezzo di carbone o tre spighe marce di grano buttate in un fiume liberano il grano che si sta per mietere da animali e piante nocive. In alcune località si crede che questa notte fiorisca la pianta della felce, un arbusto raro e misterioso che se lanciato in cielo durante questa magica notte, possa svelare il fortunato a rinvenire un tesoro nascosto nel suolo. Molto più comune è invece l’iperico, un fiore di campo giallo brillante misto a rame che dura solo un giorno e appassendo diventa simile alla ruggine. Esso viene considerato strettamente legato alla figura di San Giovanni perché strofinandone i petali ne esce fuori un succo di colore rosso intenso detto “sangue di san Giovanni” e riconducibile allegoricamente alla morte violenta del santo ucciso tramite decapitazione.
E QUELLO DELL’ACQUA – Nelle località di mare come ad esempio Fossacesia un altro rituale molto praticato era quello di andarsi a bagnare piedi nell’acqua salata ed al sorgere del sole: questo gesto, riportato anche dal volume “Canti dell’Antico Abruzzo” di Domenico Lanci fa riferimento alla leggenda secondo cui in questo magico giorno il sole “si lavi per tre volte il volto nel mare”. A seconda delle località il potere taumaturgo del mare, durante questo lasso di tempo, può guarire dagli sfoghi, preservare dai dolori reumatici e di tigna e proteggere dai mali del ventre ed intestinali. Le giovani donne inoltre usavano sciogliere e bagnare i lunghi capelli nell’acqua salata dell’Adriatico in modo da renderli più belli e folti. Anche la rugiada ha in questo caso un potere particolare: rotolarsi nell’erba bagnata da essa si pensava rendesse le donne più feconde e predisposte alla maternità.
LA COMPARANZA – Tutte le leggende e le tradizioni raccontate sono ben radicate nella cultura contadina ed a Fossacesia in particolare che, ricordiamo ha un millenario e lungo legame di devozione con il santo, si ricorda un particolare momento di condivisione chiamato la “Comparanza”. In questo rito solitamente ospitato tra gli archi medievali della cripta dell’abbazia di San Giovanni in Venere venivano rinsaldati in amicizia vincoli che non erano di parentela ma con cui ci si prometteva fedeltà, aiuto, sostegno e solidarietà. Questo momento aveva una sorta di rituale liturgico codificato che si svolgeva in questa maniera: uno dei due compari si metteva in ginocchio davanti all’altare centrale della cripta ed il comparante gli teneva stretto nella mano un dito, solitamente il mignolo. Quando si trovava esattamente di fronte al volto dell’amico gli poneva la seguente domanda: “Cumpà m’acciette a San Giuvanne?” ed in caso di risposta affermativa il giro si ripeteva tre volte. Successivamente i compari si stringevano nuovamente la mano, si baciavano sulle guance e si scambiavano una sorta di composizione floreale chiamata “Ramajette”.
LU RAMAJETTE – Questo strano e piccolo mazzolino poteva avere diverse forme: come mazzo di erbette e fiori appunto o come un piccolo cestino di canne o vimini che conteneva al suo interno un garofano ed un pacchettino di erbe profumate. Il segreto della sua genesi e fabbricazione era un qualcosa che pochi depositari conoscevano davvero e che veniva tramandato molto gelosamente. Per averne uno bisognava prenotarsi per tempo in base al fabbricante ed alle diverse tipologie di piante che utilizzava. Il Ramajetto pur non potendo durare chiaramente in eterno veniva conservato come un potente talismano personale ed in caso di smarrimento, veniva sostituito e ribenedetto durante la notte di San Giovanni.
Secondo diversi storici ed antropologi della zona frentana esisteva anche un’ulteriore forma di Ramajetto utilizzato dalle donne e dalle famiglie più ricche e nobili che, oltre alle già citate piante solevano aggiungere piccole icone di san Giovanni, cartoline illustrate di auguri, pettini ferma capelli, caramelle ed addirittura pezzettini di cioccolata e boccette di profumi o unguenti. Riti, tradizioni e devozioni antichissime che nei secoli tra paganesimo, cristianesimo e modernità hanno forse perso la loro forte valenza magica e solstiziale rimanendo però ancora molto ancorate nella memoria e nei racconti d’infanzia di tante persone e famiglie.